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 2015  dicembre 18 Venerdì calendario

A Bruxelles si continua a parlare di Brexit

Non c’è governo che non guardi con angoscia al negoziato su una ridefinizione dei rapporti tra Londra e Bruxelles. Trovare un accordo sulle richieste del governo Cameron appare arduo. In un contesto segnato da partiti radicali sempre più influenti, fa paura non solo l’eventuale fallimento delle trattative e un No degli inglesi nel prossimo referendum sulla permanenza del paese nell’Unione, ma anche la possibilità di trovare una soluzione che diventi un (pericoloso) precedente per altri paesi. Tra ieri e oggi, in un vertice qui a Bruxelles, il premier inglese David Cameron vuole ridare slancio al negoziato. Le sue richieste prevedono la possibilità di chiamarsi fuori dalla clausola dei Trattati che prevede la partecipazione a un’Unione «sempre più stretta»; il formale riconoscimento che il mercato unico è multivalutario; la rivendicazione di un maggiore ruolo dei parlamenti nazionali; la sospensione di quattro anni prima del pieno accesso ai benefici dello stato sociale per un cittadino non inglese.
L’aspetto più controverso è certamente l’ultimo. Ancora ieri Parigi e Berlino hanno ribadito che non è possibile accettare una discriminazione tra i cittadini europei o mettere in pericolo la libera circolazione nell’Unione. «È legittimo ascoltare il primo ministro britannico, ma non è accettabile rivedere ciò su cui si basano gli impegni europei», ha detto il presidente francese François Hollande, prima dell’inizio di un vertice nel quale i leader hanno fatto il punto delle trattative.
Per molti aspetti, molti governi sono stretti tra soluzioni altrettanto indigeribili. Spiegava di recente un alto responsabile europeo: «Un accordo fallito o una intesa infelice, associati a un no al referendum inglese, sarebbero visti in giro per il mondo, in Asia in particolare, come il primo passo verso la disintegrazione dell’Unione. Non basta. Possiamo immaginare che l’eventuale uscita della Gran Bretagna verrebbe usata a loro favore dai partiti più radicali e più euroscettici in vari paesi europei». I Ventotto sono consapevoli di questi pericoli. Non per altro l’obiettivo dichiarato, in particolare della Germania, è di mantenere la Gran Bretagna nell’Unione. Nel contempo, neppure una intesa con Londra sarebbe priva di rischi. I diplomatici temono di creare un precedente che possa essere perseguito da altri paesi europei, soprattutto dell’Est Europa dove la disaffezione nei confronti della costruzione europea è maggiore. Il pericolo in questo caso sarebbe uno sfilacciamento dell’Unione.
Concretamente, una delle possibilità è che si modifichi l’impianto legislativo nel settore del welfare state come richiesto da Londra in modo da venire incontro alla Gran Bretagna e non creare discriminazioni tra i Ventotto. La partita a poker di queste settimane è segnata da bluff su entrambi i fronti. Sia Londra che i suoi 27 partner sanno che ambedue le parti vogliono preservare il mercato unico. Dal canto loro, i paesi della zona euro hanno un interesse particolare: preservare a tutti i costi l’unione monetaria.