il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2015
Se quando leggete un libro vi piace incazzarvi, e magari tirarlo contro la parete per poi tornare a leggerlo, ecco il vostro libro
Se amate Obama. Se il ricordo di John Kennedy vi commuove ancora. Se considerate Richard Nixon il male assoluto. Se Lyndon Johnson non vi è mai piaciuto. Se della storia degli Stati Uniti d’America avete una visione politicamente corretta. E se in vista delle prossime elezioni del 2016 non volete che nessuno spettini le vostre giudiziose convinzioni su Hillary Clinton perché sarebbe la prima donna alla Casa Bianca (evviva), e perché il terzo Bush proprio non si sopporta. Se, insomma, avete deciso che nessuno deve disturbare il vostro tranquillo sogno americano, beh allora vi sconsigliamo di leggere questo libro.
Ma se amate sul serio l’America perché siete capaci anche di odiarla. O se pensate che Clint Eastwood sia uno sporco reazionario ma che in fondo abbia ragione. O se adorate Bob Dylan e Bruce Springsteen ma preferite non capire cosa cantano. Se insomma volete imparare tante cose che non sapete e che nessun’altra vi dirà sull’America.
Se siete disposti a mettere in un cassetto le vostre convinzioni e a buttare la chiave. E se quando leggete un libro vi piace incazzarvi, e magari tirarlo contro la parete per poi tornare a leggerlo, beh questo è il vostro libro.
Potrei fermarmi qui, ma sarebbe troppo semplice fare come il giudice di sedia a Wimbledon che chiama la palla fuori e poi se ne frega. E infatti ho avuto già modo di farmi il fegato grosso sfogliando Usa 2016, un agile volumetto propedeutico all’enciclopedia che avete per le mani.
Perché io sono cresciuto divorando Hemingway, Faulkner, Steinbeck, Truman Capote, Norman Mailer. Ho cercato (invano) di scoprire la geniale meccanica del new journalism, e Tom Wolfe è il mio vangelo. Guardo solo cinema americano con qualche rara eccezione. Adoro Fargo e True Detective e considero le serie televisive Usa l’unico autentico linguaggio storiografico della nostra contemporaneita. Ascolto (quasi) solo musica americana. Ma in me tutto il resto è italiano.
Diciamo che un po’ mi sento italo-americano e che pur non essendo nato a Broccoli no non so perché ma non mi stanco di vedere e rivedere Il Padrino.
Per dire quali sono i miei luoghi comuni, sull’ambigua personalita dei Kennedy ho le mie riserve ma invidio il popolo americano che con la Nuova Frontiera ha avuto, almeno, un orizzonte in cui specchiarsi. Penso anche io che Lyndon Johnson sia stato un buon presidente, ma anche sotto certi aspetti un Macbeth a sua insaputa.
Magari l’autore di questo libro farebbe volentieri a meno di un lettore come me. Mentre io non farei mai a meno di uno scrittore come lui (anche se mi è toccato leggere questa terribile frase: «In verità, l’assassinio di Kennedy a Dallas fu, guardando alle conseguenze, per gli Stati Uniti una vera manna»). Perché anche se mi fa arrabbiare so che Mauro della Porta Raffo non cercherà mai d’ingannarmi. E non è poco.