il Giornale, 18 dicembre 2015
Elogio dei gattolici. Che si chiamino Poe, Balzac o Pirandello
Un libro intrigante, di quelli che si fanno leggere dalla prima all’ultima pagina senza annoiare. Infatti, non parla di uomini, le cui vicende sono all’incirca tutte uguali, narrano di amori contrastati, di lutti e di guerre e di varie disperazioni. Tutta roba scontata, mille volte e in mille modi trattata, sempre la stessa pur con varietà di tribolazioni e sofferenze. Già, perché gli umani sono ripetitivi nei loro sentimenti e nelle loro passioni, cosicché sono portati a dire le medesime cose con l’aria di riferire novità assolute, quando, invece, dalle tragedie greche e da Omero in poi continuano ad esaltare, nel bene e nel male, i fatti propri, immutabili e tediosi.
I nostri simili sono convinti di essere unici, protagonisti di storie originali, pertanto si raccontano quali fenomeni inimitabili e tali da meritare un posto di rilievo nella letteratura. Non si rendono conto di essere identici, come gocce d’acqua. La loro eventuale diversità riguarda soltanto l’aspetto. Muta forse il contesto nel quale sono vissuti e il loro linguaggio: il resto li accomuna. Sono una folla indistinguibile.
Il libro a cui mi riferisco ha un titolo esplicito che rivela immediatamente la materia che affronta: Gatti (Einaudi). È uscito di recente: novembre. Vado giù piatto: è una meraviglia. I protagonisti sono loro, i mici, cioè gli animali più affascinanti e misteriosi del creato, ammesso che vi sia un creatore. E il sospetto che possa esistere un architetto si rafforza osservando questi piccoli (mica tanto) felini, la cui bellezza e perfezione è difficile non attribuire a Dio. Il caso non può essere il progettista di esseri tanto mirabili.
Tento di spiegarmi meglio. Se guardi un dromedario, un cammello o uno scarafaggio non ti passa per l’anticamera del cervello che siano stati disegnati dall’Altissimo: poverini, sono brutti o addirittura schifosi e non ti rassegni all’idea che il padreterno li abbia concepiti, manifestando un cattivo gusto sorprendente. Non ce l’abbiamo con questo tipo di fauna, ma la nostra onestà ci impone di affermare che la sua estetica non è divina. I gatti sono tutt’altra faccenda. Armoniosi, agili, flessuosi, seduttivi, garbati ed eleganti sono la dimostrazione che la natura, fra tante porcherie cui ha dato cittadinanza, ha saputo anche lavorare di cesello.
È vero che nel ramo felini vi sono tigri, leoni, leopardi, ghepardi eccetera, indubbiamente belli e ammirevoli: si muovono con grazia e non sono privi di charme. Però – ammettiamolo – puzzano, hanno l’alito fetido e sono ingestibili in ambito domestico. Una fiera sul divano del nostro salotto è ingombrante. Un micio (tigre in miniatura) viceversa è asettico quanto una garza intinta nell’acqua ossigenata. È pulito, introverso, morbido, innocuo e dolcissimo. Il libro di Einaudi che lo descrive in tutte le sue caratteristiche, abitudini, tic e piccole o grandi manie indecifrabili non è un manuale che insegni a prendere confidenza con questo animale non completamente domestico.
Nulla di ciò. È una antologia letterariamente elevata nella quale si riportano i migliori brani dedicati al gatto da scrittori di fama: Pirandello, Balzac, Jerome (notoriamente spiritoso e arguto), Edgar Allan Poe, per citarne alcuni, opportunamente saccheggiati per fornire un campionario di prose incantevoli. Autori sensibili, introversi, indagatori dell’animo umano e, quindi, portati ad isolarsi. Gente di questo temperamento ha spesso (sempre) un feeling speciale con i gatti, in particolare quelli neri, tenerissimi, con cui stabilisce un rapporto taciturno ma intenso, fatto di sguardi, carezze distratte, contatti fisici casuali, attenzioni reciproche, il tutto avvolto in un silenzio religioso, rispettoso dei ritmi blandi del pensiero.
I gattolici praticanti, quale io stesso sono, detestano il rumore come i loro mici, con cui si intendono senza fiatare: basta un cenno del capo, un gesto non brusco, un ammiccamento. Fra gattolici e gatti funziona a meraviglia la telepatia, la forma più laconica di comunicazione. Se il micio miagola è perché teme di essere trascurato o ha una rivendicazione urgente, una necessità impellente o implora un aiuto. Un uomo o una donna che ospiti un micio in casa o che assista una colonia di animaletti di strada non è mai un allegrone, bensì un riflessivo con qualche tendenza alla depressione, e trova nel felino solidarietà sentimentale e una compagnia che non turba la sua tristezza, nella quale si crogiola essendo questa l’unico elemento in cui si trova a proprio agio.
Una famiglia chiassosa e ridanciana non è consona al gatto. Le gattare sono di norma donne anziane, delicate e profondamente bisognose di dare affetto, non di riceverne. Persone buone, ma non amiche degli umani, che, pur non detestandoli appieno, non ispirano loro fiducia. Sanno che il gatto se chiede soccorso lo fa con discrezione e dignità, qualità apprezzate soltanto da chi le ha. Ecco perché simpatizzo con le vecchiette (mie coetanee) che la sera riempiono un sacchetto di crocchette e scatolette contenenti tonno e carne e si recano in luoghi appartati dove risiedono colonie di felini, nutrendole e curandole con amore non completamente corrisposto. Sono signore perbene, che danno senza chiedere. Fin da bambino ho avuto mici di ogni genere, raccattati qua e là, mai acquistati bensì soccorsi tra quelli che mi somigliano, cioè tutti. Hanno dormito e dormono nel mio letto. Non mi infastidiscono. Sono io a temere di infastidire loro. Non mi disturbano. Sono esattamente come vengono descritti in questo libro scritto da autori di rango. Sanno stare al mondo. Tollero i loro giochi talvolta innocentemente crudeli, anche se mi feriscono allorché li scorga tormentare un topo o una lucertola. I predatori sono stati «costruiti» per catturare altri innocenti. La natura è una macelleria a cielo aperto, ma non è colpa dei gatti e neppure nostra.
Non sono capace di ipotizzare che un tritacarne di questa efferatezza sia frutto di un gesto d’amore, come si dice in ambienti cristiani. Sarà un mio limite. Sui gatti devo aggiungere una considerazione basata sull’esperienza. Essi godono ad ascoltare la musica. Ma quando sono io a suonare il pianoforte fuggono disgustati. Evidentemente come pianista valgo poco.