la Repubblica, 18 dicembre 2015
Cronache della guerra dei centurioni al Colosseo
Erano più di cento ieri mattina i finti centurioni “in borghese” (si fa per dire) che hanno fatto la guerra vera e hanno bloccato gli ingressi del Colosseo dimostrando di essere energumeni e non allegri figuranti né macchiette come vorrebbero i fatalisti dell’eterno “sic transit… Roma Mundi”, quelli che i mascalzoni sono in fondo romanacci pittoreschi, povera gente che “adda magnà”.
Insomma a furia di travestirsi da centurioni questi squadroni del piccolo malaffare urbano si sono calati nella parte a riprova che «sempre le maschere dicono il vero» (Foucault). È infatti la seconda volta in un mese che i finti centurioni e gli urtisti (che fieramente si chiamano così perché “urtano” la gente per vendere michelangeli e cupoloni) caricano e irrompono nel Colosseo come la fanteria pesante di Tito Livio al grido di battaglia «se non magnamo noi/ nun magnate manco voi / e nun magna nemmanco Della Valle». E chissà che c’entra Della Valle, che ha solo pagato un parziale restauro.
Ieri, gridando pure, i legionari-patacca hanno divelto le transenne e bloccato gli ingressi dei turisti per più di mezz’ora. Protestano contro la sacrosanta ordinanza del commissario Tronca che, senza più preoccuparsi del consenso, finalmente dal Colosseo li ha allontanati tutti. E però con i giornalisti, quando finisce il brutto spettacolo dell’eccesso e della violenza esibita, la gens abusiva si divide tra abusivi legalizzati, semilegalizzati e quelli ai quali è stata promessa una legalizzazione: «Stamme a sentì, pischello, io sto in mezzo a ‘na strada». E dalle tasche vengono fuori copie di delibere, vorrebbero l’albo dei centurioni, la patente di accattone pasoliniano, dicono che ora il commissario Tronca li ha ghettizzati: «Ci hanno mandato lontano dai turisti. E che ce famo la foto col sedere dei romani?». Del resto è vero che ci sono solo due modi di affrontare qualunque gens abusiva: o si abolisce la gente o la si costringe dentro una norma. Qui ci sono donne che raccontano del latte in polvere «che non posso più comprare». Ciascuno ha una sua dolente storia personale di impoverimento: «Ci hanno dato lo sfratto e, col nonno, semo sei». La molestia al turista diventa «er lavoro onesto che facevo ogni mattina». Ma l’illegalità tollerata e coltivata è il mondo del quasi-diritto, è il paese del pressappoco e della quasità, dove il quasi giusto merita almeno un mezzo risarcimento.
I carabinieri dicono che molti di loro sono pregiudicati, che si muovono in squadre e devono rispettare la zona assegnata dal racket. Dunque se vi capita di incontrare un antico romano solitario, vuol dire che sta abusando degli abusivi, i quali sono tutti parenti, come nelle cosche a Corleone. E però rimane vero che per anni al Colosseo i vigili sparsi nel piazzale erano i complici più fidati della teppaglia dei figuranti. Tanto che i centurioni si erano convinti che solo grazie a loro «qui è una fiera, una festa, un’allegria». Ne ho incontrati due che per anni ogni mattina, come impiegati, si muovevano dal Laurentino, altri dalla Garbatella e dal Prenestino, soprattutto dalla zona Est ripartiva il sogno dell’Impero. I loro protettori sono ancora i famigerati Tredicine, e i padrini Casamonica: «Abbiamo diritto alla dignità del lavoro». C’è stato, quattro anni fa, persino un vicesindaco, Mario Cutrufo, che voleva coprire di tende tutto lo spazio e organizzare l’animazione in costume, una specie di Disneyland della Roma antica.
E invece, dopo quattro anni, il reato principale denunziato ieri è interruzione di servizio di pubblica necessità, visto che anche il Colosseo rientra ormai in questa categoria. La pena per i promotori e i capi può arrivare sino a cinque anni di reclusione. La polizia, schierata con i manganelli e con gli scudi, li ha fronteggiati ma non li ha caricati. E tuttavia le sirene dei rinforzi che arrivavano, il trambusto, l’aria pesante di rancore accumulato e quei ceffi che spingevano, saltavano e assaltavano, insomma tutto l’insieme evocava l’attentato e dunque per circa un’ora lo spavento di Roma pareva peggio di quello che ha fermato Los Angeles, anche se rimane vero che a Roma anche il panico e la paura sono commedia.
E cominciamo con i jeans, i giubbotti e i cappucci dei finti centurioni in borghese che erano molto meno rassicuranti delle scope in testa, delle calighe ai piedi e dell’armatura che pare la maglia della Roma. E infatti i turisti scappavano quando quelli «semo ancient romans!» giuravano per fermare la paura che invece aumentava: «Really?». Ancora peggio era l’effetto degli urli multilingue di rassicurazione che i legionari lanciavano ai turisti spaventati «aho, non ti worry, qui are cristians». La lingua stalker del turismo fatta di fonemi e ammiccamenti produceva l’effetto contrario.
Il 7 dicembre scorso, alla fine di un’altra manifestazione “spontanea e unitaria” («erano più di 400», secondo la Sovrintendenza) di centurioni, guide, urtisti e procacciatori, che sarebbero le finte guide, due ragazzoni erano saliti sulle arcate del Colosseo minacciando il suicidio: «Me butto de sotto». E subito per strada una piccola folla si era aggregata. Tutti con il naso all’insù in cerca di turbamenti. Ebbene, quando quella gente si è accorta che si trattava di quelli con la scopa in testa, ha cominciato a dileggiarli: «E forza, bùttete; sbrìgate che famo notte».
Le loro disperazioni non fanno piangere, ma le loro strampalatezze fanno ridere. E è il modo che ha Roma di minimizzare, di alimentare l’umore cinico che “tutto nun è gnente”: le buche e la mafia, i biglietti falsi e la nuvola di Fuksas, le finte malattie dei vigili, la corruzione, la mafioseria di Alemanno, gli scontrini di Marino… E il Colosseo, che quest’anno sfonderà il record dei sei milioni di visitatori con un ricavo di circa 50 milioni di euro, ha già subìto tutto il ferro e tutto il fuoco della Storia: i massacri, i vandali e le spoliazioni. Dunque non prende più niente sul serio, meno che mai le legioni dei lazzaroni, non il minaccioso tank fotomontato dell’Isis, e neppure la fantascienza archeologica del ministro Franceschini che vorrebbe ricreare l’arena gladiatoria con un finanziamento di necessità e urgenza di 21 milioni, per cominciare.
E invece non bisognerebbe più ridacchiare: gli urtisti e i finti centurioni, che travestiti da borghesi in sciopero selvaggio sono tre volte falsi, sono oltre il disfacimento estetico e la carnevalata storica che, misurate e governate, si trovano in tutte le città dove la storia alimenta il turismo. Mai in queste forme, però. Non sino a questo punto. Non ci sono finti faraoni che bloccano gli ingressi alle Piramidi rivendicando il salario da antichi egizi. E pensate al Coq, che è per la Francia quel che per noi è Giulio Cesare, immaginate finti Asterix e finti Obelix che prendono d’assedio il parco dell’Eliseo, la Tour Eiffel e il Louvre.
Ecco: con due ordinanze molto ben scritte e ben motivate solo un commissario poteva davvero abolire completamente il suq fuorilegge delle foto moleste «pe’ schiaffasse in saccoccia li quadrini». Ieri per tutto il giorno i turisti sono entrati al Colosseo passando tra due ali di poliziotti in tenuta antisommossa che, dispersi i centurioni, sono rimasti lì a proteggerli. Qualche turista faceva allegramente il saluto militare, qualcuno si spingeva più in là: «Hey, policeman, could you have a photo taken with me and my daughter?».