la Repubblica, 18 dicembre 2015
Ora tocca alle banche del Nordest
Dopo le banche del Centro, le banche popolari del Nordest. Il bubbone del Veneto bancario. Prima Veneto Banca poi la Popolare di Vicenza. La prima dovrà decidere domani se trasformarsi in società per azioni, avviare l’aumento di capitale e quotarsi in Borsa; la seconda lo farà a marzo. Morte di due grandi banche popolari. È un cambiamento epocale per gli istituti che hanno costruito un rapporto simbiotico coi territori veneti e friulani, con intrecci risultati poi assai pericolosi con le imprese, i risparmiatori, la politica. Un modello ancorato al “piccolo è bello”, del credito personale e personalizzato, molto consociativo (basti pensare alla presenza nei consigli di amministrazione degli imprenditori che poi accedevano al credito), dai vertici inamovibili (Gianni Zonin ha guidato Vicenza per un ventennio) che ha garantito sì le risorse durante la lunga recessione italiane ma che non ha retto di fronte ai stress test della Banca centrale europea. Adesso hanno perso tutti, la banca e soprattutto le migliaia di soci con i risparmi che sono andati in fumo, con azioni acquistate a 40 euro e tracollate a poco più di sette euro. La magistratura sta indagando sulla Popolare di Vicenza: aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, estorsione.
Ed è da Francoforte che arriva l’aut aut per l’istituto di Montebelluna: o la riforma o il commissariamento che vuol dire la fine di Veneto Banca. La Bce ha inviato una lettera al consiglio di amministrazione della banca lo scorso 9 dicembre in cui, al di là del linguaggio tecnico, spiega chiaramente che non ci sono più alternative al progetto (si chiama “Serenissima”) messo in campo per salvare l’istituto. Una lettera dal contenuto simile era stata scritta ai soci (oltre 80 mila) a fine novembre dal presidente dell’istituto Pierluigi Bolla. C’è una pressione fortissima nei confronti dei soci riluttanti. L’analisi di Francoforte è severissima: Veneto Banca potrebbe non avere più il patrimonio necessario per svolgere la sua attività. «In tali circostanze – analizzano i tecnici di Mario Draghi – Veneto Banca potrebbe trovarsi in una situazione di crisi o dissesto, con conseguente sottoposizione del gruppo a provvedimenti da parte delle competenti autorità». Vuol dire che salterebbe. Anche Banca d’Italia guarda in questi giorni con particolare attenzione al caso Veneto. C’è preoccupazione, per quanto moderata, sulle decisioni che potrebbero scaturire dall’assemblea di domani, l’ultima che ancora delibererà con voto capitario, una testa un voto, caratteristica precipua delle banche popolari.
Perché domani sotto il tendone di Villa Spineda di Volpago di Montello, a pochi chilometri da Treviso, sono previsti 7-8 mila soci, forse di più. Sarà un’assemblea infuocata. Per tanti versi, anche fisicamente, la fine di un modello di sviluppo di un territorio che rischia di farsi travolgere dal panico oltreché dalla rabbia. «Per sconfiggere le paure del territorio – ha detto ieri l’amministratore delegato di Veneto Banca, Cristiano Carrus – occorre votare a favore del nostro progetto». Che prevede il passaggio in società per azioni, l’aumento di capitale fino a un miliardo di euro, la quotazione in Borsa per garantire trasparenza nella governance e nella gestione dell’attività.
Il fronte del no al progetto “Serenissima” si è ormai disgregato. Resistono gli intransigenti dell’”Associazione soci popolari venete”, rappresentanti di una parte dei piccoli soci, che hanno affidato la loro rappresentanza a don Enrico Torta, parroco di Dese, in provincia di Venezia, il parroco che ha già condotto una battaglia contro l’usura. È stato lui a guidare una delegazione di piccoli azionisti nell’incontro di due giorni fa con il presidente Bolla e l’ad di Veneto Banca Carrus. Risultato: nulla di fatto. Da qui dovrebbe arrivare il no alla spa.
Dovrebbero votare sì i circa duemila soci-dipendenti. E ha invitato a votare sì anche il presidente dell’associazione azionisti di Veneto Banca, Giovanni Schiavon: «Da tempo la nostra banca non ha più i requisiti di patrimonialità e un aumento di capitale da ricercare necessariamente sul mercato è urgentissimo. Con queste considerazioni siamo per suggerire a tutti di votare sì. Fate attenzione perché l’alternativa azzererebbe il valore dei risparmi». Per il sì i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali.
Contro i precedenti amministratori di Veneto Banca si preparano le possibili mosse sia per il recupero sia per l’azione di responsabilità. Ne parlerà oggi al consiglio di amministrazione dell’istituto. Luigi Zaia, leghista, governatore del Veneto, ha chiesto al governo di intervenire con un provvedimento per tutelare anche i risparmiatori-traditi del Veneto. I consiglieri regionali della Lega hanno proposto l’istituzione di una commissione speciale d’inchiesta su Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Lo scandalo del credito veneto è solo all’inizio.