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 2015  dicembre 18 Venerdì calendario

Brunetta, Renzi e l’eterogenesi dei fini. Intervista all’ex ministro

«Io devo ringraziare Renzi», precisa subito ironico Brunetta: «Sto ricevendo centinaia di mail da militanti di tutto il centrodestra che mi dicono: forza Renato, vai avanti, non mollare. E non mollerò. Ho già in programma il giro di cento città per raccontare i 4 colpi di Stato e cosa è successo in tutti questi anni. Rilancerò il mio libro su come è stato fatto cadere il governo Berlusconi nel novembre del 2011...».
Vuole farci credere che, polemizzando con lei, il premier l’ha resa più popolare?
«Proprio così. Gli attacchi di Renzi per me diventano tutte medaglie. Si chiama eterogenesi dei fini».
Però intanto Forza Italia è uscita sconfitta dallo scontro sulla Consulta e Renzi dice che la colpa è tutta sua, Brunetta, così impara a moderarsi...
«Se il motivo fosse questo sarebbe non ridicolo ma puerile».
Ricominciamo con il duello?
«No, scusi, è lui che tenta di addomesticare i giornali, le tivù, le banche e addirittura di distinguere tra gli oppositori buoni con cui dialogare, tipo i grillini, e quelli come noi da mettere in castigo. Io vorrei ricordare a Renzi che alle ultime elezioni il centrosinistra ci ha superato dello 0,37 per cento appena. Che alla Camera il Pd può contare su 130 deputati (tra i quali, lo dico con simpatia, Maria Elena Boschi) entrati con il premio di maggioranza dichiarato incostituzionale. Gli rammento che a Palazzo Madama il governo si regge su 48 senatori eletti nel centrodestra e transitati a sinistra dietro la promessa di ricompense varie. Segnalo infine che nei sondaggi il centrodestra unito è pari al centrosinistra di Renzi e Alfano, se non avanti».
Tutto questo per dire cosa?
«Che tenere l’intero centrodestra fuori da un organo di garanzia come la Corte sa tanto di golpe istituzionale. È atto di prepotenza che si rivelerà una vittoria di Pirro».
E cosa avrebbe dovuto fare il premier, insistere nell’intesa con voi dopo lo scandalo di 31 votazioni a vuoto? Ne ha preso atto e si è rivolto ai Cinque Stelle...
«No, non è andata così. Renzi ha tentato fin dall’inizio di intendersi con i grillini. Perché in questo modo sperava di tacitare la sua minoranza interna. Sennonché i Cinque Stelle all’inizio dicevano no (con insulti) a Barbera, il candidato Pd. Solo a quel punto il premier si decise a bussare da noi fintanto che gli altri non hanno cambiato idea accettando Barbera. È il suo stile solito: anche durante il Nazareno Renzi ci diceva: attenti che se non siete d’accordo io mi rivolgo a M5S. Per 17 volte Berlusconi gli ha detto di sì per senso di responsabilità e alla diciottesima, sul no a Mattarella, il premier ha rotto i patti. Ha l’abitudine di stipularli pensando già a come non onorarli. Si chiama azzardo morale».
Peccato, presidente Brunetta, che dentro Forza Italia ci sia chi la pensa proprio come Renzi, e ritiene che la colpa sia stata sua. Romani, per esempio...
«Io sto seguendo strettamente la linea, e la linea è una sola: quella decisa dal leader, Berlusconi, insieme con tutti noi, all’unanimità, nel Consiglio nazionale del 4 agosto che l’ha approvata. Si riassume nell’opposizione dura. Senza sconti, ammorbidimenti, patti sopra o sotto il banco. Nell’unità del centrodestra».
Eppure qualche vostro tentennamento fa riflettere. Per esempio, non voterete la mozione di sfiducia contro la Boschi...
«Usciremo dall’aula perché le mozioni di sfiducia ad personam ci ripugnano. Tra l’altro quella presentata dai grillini è la classica foglia di fico per nascondere l’inciucio sulle poltrone della Consulta».
Per voi esiste un conflitto di interessi che riguarda la Boschi?
«Per noi in conflitto d’interessi si trova l’intero governo, a cominciare dal premier. Sulla vicenda banche c’è stata un’opacità spaventosa e solo ora le pentole si scoperchiano. Pensiamo al decreto di un anno fa sulla trasformazione delle banche popolari in Spa (con tutto l’insider trading che ci fu allora). Pensiamo al decreto legislativo del 16 novembre e al “salvabanche” del 22 novembre, che in realtà ha salvato soprattutto i banchieri: se fosse capitato con Berlusconi, avremmo avuto le piazze piene, i girotondi, le Procure... Invece niente, per il momento».
Perdoni se insisto: non è che dalle vostre parti ci sono orfani del «patto del Nazareno»?
«Qualcuno c’è, ma è fisiologico. Sicuramente non è orfano Silvio Berlusconi, non il sottoscritto e nemmeno la stragrande maggioranza del partito, dei gruppi parlamentari e dei nostri elettori. Perché il centrodestra unito vince».
«Io devo ringraziare Renzi», precisa subito ironico Brunetta: «Sto ricevendo centinaia di mail da militanti di tutto il centrodestra che mi dicono: forza Renato, vai avanti, non mollare. E non mollerò. Ho già in programma il giro di cento città per raccontare i 4 colpi di Stato e cosa è successo in tutti questi anni. Rilancerò il mio libro su come è stato fatto cadere il governo Berlusconi nel novembre del 2011...».
Vuole farci credere che, polemizzando con lei, il premier l’ha resa più popolare?
«Proprio così. Gli attacchi di Renzi per me diventano tutte medaglie. Si chiama eterogenesi dei fini».
Però intanto Forza Italia è uscita sconfitta dallo scontro sulla Consulta e Renzi dice che la colpa è tutta sua, Brunetta, così impara a moderarsi...
«Se il motivo fosse questo sarebbe non ridicolo ma puerile».
Ricominciamo con il duello?
«No, scusi, è lui che tenta di addomesticare i giornali, le tivù, le banche e addirittura di distinguere tra gli oppositori buoni con cui dialogare, tipo i grillini, e quelli come noi da mettere in castigo. Io vorrei ricordare a Renzi che alle ultime elezioni il centrosinistra ci ha superato dello 0,37 per cento appena. Che alla Camera il Pd può contare su 130 deputati (tra i quali, lo dico con simpatia, Maria Elena Boschi) entrati con il premio di maggioranza dichiarato incostituzionale. Gli rammento che a Palazzo Madama il governo si regge su 48 senatori eletti nel centrodestra e transitati a sinistra dietro la promessa di ricompense varie. Segnalo infine che nei sondaggi il centrodestra unito è pari al centrosinistra di Renzi e Alfano, se non avanti».
Tutto questo per dire cosa?
«Che tenere l’intero centrodestra fuori da un organo di garanzia come la Corte sa tanto di golpe istituzionale. È atto di prepotenza che si rivelerà una vittoria di Pirro».
E cosa avrebbe dovuto fare il premier, insistere nell’intesa con voi dopo lo scandalo di 31 votazioni a vuoto? Ne ha preso atto e si è rivolto ai Cinque Stelle...
«No, non è andata così. Renzi ha tentato fin dall’inizio di intendersi con i grillini. Perché in questo modo sperava di tacitare la sua minoranza interna. Sennonché i Cinque Stelle all’inizio dicevano no (con insulti) a Barbera, il candidato Pd. Solo a quel punto il premier si decise a bussare da noi fintanto che gli altri non hanno cambiato idea accettando Barbera. È il suo stile solito: anche durante il Nazareno Renzi ci diceva: attenti che se non siete d’accordo io mi rivolgo a M5S. Per 17 volte Berlusconi gli ha detto di sì per senso di responsabilità e alla diciottesima, sul no a Mattarella, il premier ha rotto i patti. Ha l’abitudine di stipularli pensando già a come non onorarli. Si chiama azzardo morale».
Peccato, presidente Brunetta, che dentro Forza Italia ci sia chi la pensa proprio come Renzi, e ritiene che la colpa sia stata sua. Romani, per esempio...
«Io sto seguendo strettamente la linea, e la linea è una sola: quella decisa dal leader, Berlusconi, insieme con tutti noi, all’unanimità, nel Consiglio nazionale del 4 agosto che l’ha approvata. Si riassume nell’opposizione dura. Senza sconti, ammorbidimenti, patti sopra o sotto il banco. Nell’unità del centrodestra».
Eppure qualche vostro tentennamento fa riflettere. Per esempio, non voterete la mozione di sfiducia contro la Boschi...
«Usciremo dall’aula perché le mozioni di sfiducia ad personam ci ripugnano. Tra l’altro quella presentata dai grillini è la classica foglia di fico per nascondere l’inciucio sulle poltrone della Consulta».
Per voi esiste un conflitto di interessi che riguarda la Boschi?
«Per noi in conflitto d’interessi si trova l’intero governo, a cominciare dal premier. Sulla vicenda banche c’è stata un’opacità spaventosa e solo ora le pentole si scoperchiano. Pensiamo al decreto di un anno fa sulla trasformazione delle banche popolari in Spa (con tutto l’insider trading che ci fu allora). Pensiamo al decreto legislativo del 16 novembre e al “salvabanche” del 22 novembre, che in realtà ha salvato soprattutto i banchieri: se fosse capitato con Berlusconi, avremmo avuto le piazze piene, i girotondi, le Procure... Invece niente, per il momento».
Perdoni se insisto: non è che dalle vostre parti ci sono orfani del «patto del Nazareno»?
«Qualcuno c’è, ma è fisiologico. Sicuramente non è orfano Silvio Berlusconi, non il sottoscritto e nemmeno la stragrande maggioranza del partito, dei gruppi parlamentari e dei nostri elettori. Perché il centrodestra unito vince».