La Stampa, 18 dicembre 2015
Intervista a Xavier Niel, l’uomo che vuole rivoluzionare Telecom
«Telecom Italia ha tutte le carte in regola per diventare un consolidatore a livello europeo; secondo me deve essere un soggetto e non un oggetto di future aggregazioni. Ma per farlo ha bisogno di azionisti forti e di un management stabile».
Eccolo, l’extraterrestre Xavier Niel, l’uomo che ha puntato più di 200 milioni per poter prendere in un prossimo futuro il 15% di Telecom e che da due mesi agita i sonni degli altri grandi azionisti e le quotazioni di Borsa. Dolcevita blu e completo scuro, seduto in una saletta al primo piano della sua specialissima «Ecole 42», Niel parla per la prima volta con un giornale italiano. Lo fa subito dopo il colpo di Vincent Bolloré – suo rivale o alleato? Ce lo spiegherà in questa intervista – che martedì ha piazzato quattro suoi uomini nel consiglio della società.
Bollorè ha anche evitato la conversione delle azioni di risparmio. Così Bolloré ha salvaguardato dalla diluizione la sua quota del 20%, ma anche quella potenziale di chi ora ci sta seduto davanti.
Chi è lei monsieur Niel? Un raider interessato a fare soldi facili su Telecom, come pensano in molti?
«Un raider? No, non sono io. Di me si possono dare tante definizioni, ma questa non credo proprio. Non ho mai – e dico mai – fatto dei raid finanziari in vita mia. Sono un operatore industriale. Forse chi mi definisce così si confonde con qualcun altro».
E allora che cosa fa? Come si definisce?
«Sono un imprenditore nel settore delle telecomunicazioni. Mi piace lavorare con le persone, collaborare con loro e anche aiutare dei giovani a creare imprese, ad esempio finanziando le start-up».
Lei, con il suo fondo Kima Ventures, è il secondo investitore al mondo nelle start-up...
«Sì. E questo è male. Gli anni scorsi eravamo i primi. Bisognerà che nel 2016 andiamo più veloci per tornare primi».
È vero che riceve per mail molte proposte di investimento in nuove società?
«Assolutamente sì. Riceviamo una cinquantina di mail ogni giorno da start-up e le leggo tutte. E poi investiamo in due o tre la settimana: ne abbiamo in Italia come in Pakistan o nei piccoli Paesi africani».
Ma lei adesso ha investito anche in Telecom Italia...
«Un momento. Ho solo investito in opzioni per acquistare azioni»..
E le convertirà in azioni?
«Su questo ovviamente non rispondo».
Perché la scelta di Telecom, comunque?
«Penso che in Italia abbiate un operatore fantastico, con un management niente male. Ma è anche un operatore con alcune debolezze. Problemi che si possono risolvere con buone soluzioni. E io ho alcune idee. Il futuro per Telecom, come per tutti gli operatori, è nella fibra ottica. Bisogna darle la capacità di investire per crescere sia nella fibra ottica sia nel mobile 4G e generare così maggiori ricavi, mantenendo comunque le tariffe più basse».
E quale ruolo vede Telecom Italia in Europa?
«Penso che Telecom abbia tutti gli atout per diventare il consolidatore o uno dei consolidatori del mercato europeo. Mi sembra che ci sia un’opinione diffusa che debba essere oggetto e non soggetto di un consolidamento, ma non penso proprio che sia così. Questo perché Telecom è una della società che ha meno vincoli in Europa: ha attività in Brasile che possono essere una vera occasione per portare la crescita di quell’area del mondo nei conti, anche se ci sono oggi dei problemi di gestione. Ma non essere da nessuna parte in Europa oggi è un’opportunità: Telecom Italia può arrivare dovunque, con soluzioni nuove e nuovi operatori, senza avere l’eredità pesante di altri operatori. Ma gli azionisti dovranno darle i mezzi per fare questo».
Capitolo Bolloré, primo azionista di Telecom. Siete amici o avversari?
«Ci conosciamo da tanto tempo e siamo molto differenti. Non siamo mai stati insieme in qualche società e non lo siamo nemmeno adesso in Italia.».
Ma avete mai parlato di Telecom?
«Si, qualche mese fa quando sono entrato, gliel’ho detto come forma di cortesia. Poi non ne abbiamo più parlato».
Insomma, Bolloré guiderà la Telecom e lei da potenziale azionista sarà seduto accanto, nel sedile del passeggero e senza toccare il volante?
«Ho visto quello che ha fatto martedì. Adesso bisognerà giudicare dai fatti, da quello che farà».
Molti vedono dietro di lei anche l’ombra di un grande operatore come Orange....
«Assolutamente no. Non so se Orange abbia interesse per Telecom Italia, ma quel che è certo è che io sono un investitore industriale, non lavoro per altri».
Si parla molto di convergenza tra tlc e fornitori di contenuti. Un tema che riguarda anche il futuro di Telecom Italia. Lei che opinione ha?
«Quello che i clienti vogliono, ovunque, è avere la maggior scelta possibile di contenuti attraverso il loro operatore di telecomunicazioni. Dunque non è detto che unire operatori di tlc e società che forniscono contenuti sia la scelta migliore: sono due mestieri completamente differenti e chi opera nelle telecomunicazioni rischia di trovarsi troppo vincolato se si lega a un solo fornitore di contenuti».
Lei ha creato anche un fondo da 500 milioni assieme al banchiere di Lazard Matthieu Pigasse per investire nei media. Dove puntate?
«Purtroppo il fondo ha avviato il suo processo di quotazione in Borsa e in questo momento non posso parlarne».
Se per ipotesi Mediaset dovesse essere venduta potrebbe interessarvi?
«Siamo interessati in tutte le attività nei media o connesse ai media in tutta Europa. Basta come risposta?».
Lei ha un buon rapporto con il ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron...
«Sì, è venuto qui all’Ecole 42 varie volte. Fa parte delle persone che vogliono muovere questo Paese, di una certa sinistra liberale europea che vuole far cambiare le cose».
Una sinistra alla quale appartiene anche Matteo Renzi.
«Non saprei dire se Renzi è di sinistra... Senza scherzi io non saprei come disporre queste figure sullo scacchiere politico posizionandole a destra o a sinistra. Quel che è certo è che il vostro premier fa parte di quel gruppo di persone che vogliono cambiare le cose e a me piace chi vuole far muovere il sistema».
Lei ha incontrato Renzi, vero?
«Sentite, in Italia vi dite tutto; in Francia invece no. Comunque quando vedo quello che Renzi fa nel vostro Paese, ad esempio con il superamento del bicameralismo, mi sembra che vada nella giusta direzione. Poi forse fa anche delle cose, che non conosco, sulle quali non sarei d’accordo. Ma ripeto, più che gli uomini giudico quello che fanno, la loro voglia di adottare misure che cambieranno al vita dei cittadini».
Muoversi, dice lei, ma in quale direzione?
«Muoversi è già di per sé una cosa importante. Bisogna farlo per dare una speranza alle persone. Ma quello che dobbiamo fare in Europa è far capire ai giovani che possono avere un avvenire anche qui. Che in Europa ci sono le radici e una grande storia, ma c’è anche il futuro, la possibilità di crescere, che non è necessariamente negli Stati Uniti o in Asia. La politica non può fare tutto, gli Stati non hanno più molti soldi, allora le persone di devono fare carico del loro futuro».
All’Europa serve un modello liberista americano?
«Mi sembra lo abbiamo già abbastanza, no? Quello che ci serve è avere delle persone con l’ambizione di andare avanti, di migliorare. Gli Stati Uniti non sono sempre governati in modo fantastico, ma crescono sempre perché hanno persone in grado di prendere l’iniziativa».