Corriere della Sera, 18 dicembre 2015
Quant’è bravo Edoardo Camurri
La Rai ha un suo capitale umano che spesso non ama esibire, per pudore o per pigrizia non è dato sapere. Il capitale umano in questione si chiama Edoardo Camurri ed è il più bravo divulgatore culturale della nostra tv. È una persona colta e preparata che ha deciso di mettersi in gioco con i linguaggi imprevedibili della tv, è un entusiasta che trascina nella sua passione la platea, è un conduttore dotato di una naturale capacità di sconcertare con la pura accumulazione di elementi imprevisti (come un suo nume tutelare, J. Rodolfo Wilcock). Basta ascoltare i suoi interventi su Radio3, quando presenta le terze pagine: esercizio difficile quello di animare le pagine di cultura, ma Camurri riesce a dare loro il taglio colloquiale del racconto e, insieme, la profondità delle connessioni. Basta vedere su Rai Storia la serie «I grandi della letteratura italiana», un piccolo gioiello che se solo fosse trasmesso su Sky Arte in molti griderebbero al miracolo. Ecco, per dire, un programma così dovrebbe diventare libro di testo per le scuole superiori. Non si riesce a capire perché la Rai, avendo a disposizione un conduttore capace di esercitare un fascino non comune sullo spettatore d’oggi (anche se si parla di cultura in maniera non superficiale) o di regalarci conversazioni incantevoli e sfrontate lo tenga relegato su Radio3 o su Rai Cultura. Ma la trasmissione più bella di Camurri è quella legata al Giro d’Italia, un viaggio che precede le tappe della grande kermesse ciclistica e ci parla di località, personaggi, suggestioni che animano la grande provincia italiana. Finalmente anche la tv è in grado di imbastire racconti coinvolgenti, di stabilire link (dalla letteratura al cinema, alle preziose Teche Rai), di proporci con occhi diversi la quotidianità del nostro Paese. Attendo con ansia le terza edizione, sperando che Antonio Campo Dall’Orto ci butti un occhio sopra: coltivare la lucidità è il fine della cultura.