Corriere della Sera, 18 dicembre 2015
A proposito dell’ingresso del Montenegro nella Nato
Ho letto la sua nota sulla proposta di annessione alla Nato del Montenegro, e concordo. Ma ritengo che, come in qualsiasi associazione, l’adesione di un nuovo Socio alla Nato dovrebbe essere sottomessa a qualche forma di gradimento da parte di tutti i soci già aderenti. Che cosa prevede in merito lo statuto della Nato? Qualche forma di votazione, e se sì, con quale maggioranza qualificata? Giulio Valdoniogcvaldonio@gmail.com
Anziché cercare di appianare i dissidi in corso con la Russia, facciamo di tutto per aggravarli. È così importante l’ingresso del Montenegro nella Nato, al punto da essere disposti ad affrontare ritorsioni da parte della Russia? Fra poco sarà il caso della Bosnia e magari della Georgia. Non possiamo pensare che queste incursioni in campo avverso siano accettate senza reazione. Teresiana Eliodeniterry420@hotmail.it
Cari Lettori, Alle votazioni la Nato preferisce il «consenso», una formula che permette al segretario generale di evitare gli scontri e di non mettere all’ordine del giorno le questioni su cui esistono opinioni fortemente divergenti. Nel caso del Montenegro, come in tutti gli allargamenti degli ultimi quindici anni, i fautori dell’adesione hanno potuto appellarsi alla definizione che la Nato ha voluto dare di se stessa dopo la fine della Guerra fredda: una organizzazione aperta che «si riserva il diritto di ricevere fra i propri membri qualsiasi Stato risponda ai previsti requisiti e ne avanzi richiesta». Con questa dichiarazione di principio la Nato cerca di minimizzare la sua funzione militare per presentarsi alla pubblica opinione come una associazione di nazioni libere e democratiche, una specie di Onu del mondo euro-atlantico. La realtà è alquanto diversa. La Nato è stata utilizzata dagli Stati Uniti nelle sue operazioni militari degli scorsi decenni. Le basi della Nato in Europa sono in realtà basi americane. Il comandante supremo delle forze che appartengono alla organizzazione militare del Patto Atlantico (un generale americano) non perde occasione per rilasciare pubbliche dichiarazioni sull’esistenza di un pericolo russo. Molti nuovi membri dell’Alleanza non hanno mai nascosto che volevano farne parte per garantire se stessi contro una possibile minaccia russa. Posso comprendere il desiderio di sicurezza degli Stati dell’Europa centro-orientale, ma non credo che il miglior modo per garantirla sia quello di estendere le frontiere di una Alleanza sino a includervi territori che appartenevano all’Unione Sovietica. Il caso del Montenegro è tutto sommato marginale. Non è irrilevante, invece, che nei suoi ultimi documenti la Nato abbia ritenuto opportuno assicurare la Georgia e l’Ucraina che la loro aspirazione alla «membership» non è stata dimenticata e non lo sarà nel futuro. In un articolo scritto per la rivista Limes, il generale Giuseppe Cucchi si chiede quali siano i motivi di annunci che potrebbero suscitare le reazioni russe, e avanza una ipotesi: che «l’Alleanza ritenga di aver ritrovato nel rinnovato contenimento della Russia una inedita ed adeguata missione, capace di far dimenticare gli anni del declino e di sopire i dubbi esistenziali che iniziavano a prosperare nel suo interno».