Corriere della Sera, 18 dicembre 2015
Il Brasile blocca WhatsApp e Zuckerberg incita alla rivolta
L’astinenza è durata una dozzina di ore, per fortuna gran parte di notte. Cento milioni di brasiliani rimasti senza WhatsApp – la popolare app per comunicare via smartphone – hanno provocato l’indignazione di Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, la protesta di Jan Koum, il creatore della app, e soprattutto il panico in un Paese grande come un continente, dove «zapzap» – come è chiamato qui – è diventato insostituibile. Lo usano il 95 per cento di coloro che sono su Internet, è interclassista e sta mandando in crisi le compagnie telefoniche: difficile vedere per strada un brasiliano che telefona normalmente (invece che spedire un messaggio vocale), o che ancora usi email o sms. Soprattutto se ha pochi soldi per le bollette, visto che l’alternativa è gratis. Non si è trattato di un blackout della rete, ma dell’idea di un giudice della periferia di San Paolo, il quale ha ritenuto che WhatsApp meritasse una lezione perché si ostina a non obbedire alla giustizia brasiliana. La sentenza ha ordinato alle compagnie e agli Internet provider di sospendere il funzionamento della app su tutto il territorio nazionale a partire dalla mezzanotte, per le successive 48 ore. Si è quindi saputo che la causa era una indagine giudiziaria su una organizzazione dedita al traffico di droga. Alcuni magistrati avevano richiesto a Facebook, proprietaria di WhatsApp, di collaborare fornendo i dati che gli indiziati si erano scambiati. Come quasi sempre avviene in questi casi, la risposta è stata no. Da qui la «rappresaglia» della magistratura. All’inizio del pomeriggio di ieri, poi, un altro magistrato di San Paolo ha disposto lo sblocco e il ritorno al funzionamento della app in tutto il Brasile. «In base ai principi costituzionali non è ragionevole danneggiare milioni di utenti a causa dell’inerzia di una azienda», dice la sentenza. Aggiungendo che le pressioni su Facebook possono essere fatte attraverso sanzioni di altro tipo, come una multa. Nel giro di poche ore la rete si è riempita di proteste e ironie, ma anche di numerose segnalazioni di disagi. Come il caso di coloro che non sono riusciti a confermare un arrivo, o un appuntamento per parecchie ore. La app concorrente di WhatsApp, la russa Telegram, ha fatto sapere che in mattinata addirittura un milione e mezzo di brasiliani non sono riusciti a resistere alla crisi di astinenza per «zapzap» e si sono iscritti al servizio alternativo. Nel giro di pochi minuti dopo la mezzanotte sono circolati anche tutti i trucchi per aggirare il blackout, a partire da quello di installare un’altra app che permettesse di dirottare il traffico su un server lontano dal Brasile. Lo stesso Zuckerberg, dopo essersi definito «sconvolto» per la vicenda, ha consigliato di dirottare le conversazioni sul Messenger di Facebook. Imbarazzo invece tra le telecom brasiliane, che ieri hanno dovuto obbedire ai giudici, ma nei mesi scorsi avevano accusato WhatsApp di concorrenza sleale, chiedendo a chiare lettere di fermare le telefonate gratuite. Secondo un recente calcolo WhatsApp in Brasile ha già «ucciso» dieci milioni di sim.