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 2015  dicembre 18 Venerdì calendario

Putin contro tutti. Lo show dello zar davanti ai giornalisti

Accuse, insulti e minacce ai turchi che hanno abbattuto un bombardiere russo, forse volendo «leccare gli americani in quel posto». Aperture sulla Siria dove Mosca e Washington sembrano avere «lo stesso disegno». E rivelazioni sulla crisi ucraina, con l’ammissione per la prima volta della presenza nel Donbass di «uomini che si occupano di risolvere certi problemi», vale a dire consiglieri militari e agenti segreti. Il grande appuntamento annuale con 1.400 giornalisti è servito come al solito a Vladimir Putin per esprimere il suo pensiero su tutto e su tutti, anche in maniera franca, per non dire brutale. E per tracciare una visione del mondo un po’ particolare, che pochi leader negli altri Paesi condividono. Gli economisti sono convinti che la recessione economica stia colpendo profondamente la Russia, con il prodotto interno sceso quest’anno del 3,8% (e nel 2016 la crescita sarà zero). Ma Vladimir Vladimirovich rassicura i suoi connazionali: «La crisi è passata. Almeno il peggio è dietro di noi». I giornali sono pieni di titoli sulle malefatte di Sepp Blatter, l’ex presidente del calcio mondiale? E Putin si sofferma a tesserne le lodi («Persona rispettabilissima che ha fatto tantissimo per il calcio»), fino a insistere sull’idea che bisognerebbe «assegnargli il Nobel per la pace». Difende a spada tratta Assad, coinvolto nella sanguinosa guerra civile siriana e, inevitabilmente, è un ammiratore del candidato alla nomination repubblicana Donald Trump: «Un uomo fuori dal comune… Il favorito assoluto nella corsa presidenziale». Sulla decisione turca di abbattere il bombardiere russo per un presunto sconfinamento di pochi secondi, Putin teorizza un’intesa con gli americani. «In questo senso: noi abbattiamo un aereo russo e voi chiudete un occhio sul nostro entrare in Iraq e, magari, occuparne una parte». Per il presidente russo, l’attuale dirigenza di Ankara guida il Paese verso «l’islamizzazione strisciante che farebbe rivoltare nella tomba Kemal Atatürk», il fondatore dello Stato turco. In ogni caso, oggi quel Paese farà bene a stare molto attento perché i russi hanno installato batterie di missili antiaerei in Siria: «Ora provino a volare!». Come aveva fatto per l’annessione della Crimea, a posteriori Putin ha ammesso almeno una certa ingerenza nella vicenda ucraina. In Crimea comparvero all’improvviso i famigerati «omini verdi», soldati ben armati e ben addestrati che non portavano alcun segno di identificazione sulle divise. A cose fatte, Vladimir Vladimirovich confessò che quelli erano stati soldati russi, «i nostri ragazzi» andati a dare una mano. Nel Donbass i ribelli russofoni dispongono di armamenti sofisticati e abbondanti, compresi lanciamissili assai difficili da operare. Mosca ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento, dicendo che si trattava di volontari o di militari in licenza che andavano in Ucraina «in vacanza». Ieri Putin ha iniziato a chiarire le cose, usando il gergo degli uomini dei servizi segreti: «Non abbiamo mai detto che lì non ci sono persone che si occupano della soluzione di certi problemi, compresa la sfera militare. Ma ciò non vuol dire che sono presenti truppe russe regolari. Capite la differenza?». Truppe speciali, dunque. Consiglieri, agenti del Gru, dell’Fsb, i servizi segreti. Il presidente russo ha risposto anche alle domande sulle due figlie, delle quali si sa pochissimo. Hanno studiato in Russia, ora vivono e lavorano nel Paese anche se parlano tre lingue straniere. Ma niente di più, se non altro «per ragioni di sicurezza». Non una parola, infine, sul suo futuro. Nel 2018 non si esclude affatto una ricandidatura per un quarto mandato (fino al 2024), vista l’enorme popolarità di cui gode. Poi, volendo, potrebbe nuovamente scambiarsi di posto col fido Medvedev, aspettare fino al 2030 e tornare di nuovo sulla poltrona presidenziale. Ma a quel punto avrebbe 78 anni.