D - la Repubblica, 12 dicembre 2015
I giochi di guerra dei ragazzini ungheresi. Effetti di Orbàn al potere
Hanno tra i 10 e i 14 anni e già tengono il Kalashnikov in mano. Indossano un’uniforme mimetica simile a quella del Magyar Honvédség, l’esercito ungherese, e il pesante vecchio elmetto di metallo eredità dell’Impero del Male sovietico e del Patto di Varsavia. Esercitazioni militari per teenager, ecco la nuova moda nell’Ungheria nazionalpopulista ed euroscettica del premier-autocrate Viktor Orbàn: che i giovani imparino la vita vivendo da soldati.
Non soldati per gioco, soldati sul serio: sveglia alle 5 del mattino, combattimenti simulati tutto il giorno con munizioni da esercitazione, scontri con l’artiglieria dell’immaginario nemico. Il volto dell’Europa nazionalpopulista amata da Marine Le Pen, Salvini e Orbàn in contrasto all’Europa unita sognata da Merkel, Juncker o Renzi è anche questo. E se non ci credete guardate la fotografie dei ragazzini con l’aria terrorizzata vestiti da guerrieri o accasciati in branda nelle tende. Obbedienti agli ordini, ma con un volto che sembra chiamare papà e mamma in aiuto.
Niente aiuto, invece: una volta che finisci nei campi paramilitari, che stanno conoscendo un boom nell’Ungheria di Orbàn, devi restarci per il tempo concordato. Come nella Legione straniera francese o nel Tércio spagnolo. Non pochi bimbi e ragazzi ci vanno di propria volontà, se sono disperati senza famiglia degni di pagine di Oliver Twist. Molti altri, però – la maggioranza – ci vengono portati per amore o per forza dai genitori, e i pubblici poteri non dicono nulla. Figurarsi, chi può opporsi? Certo non magistratura e polizia, normalizzate e ridotte all’obbedienza dall’autocrate. I giovani sono avviati ai campi paramilitari dai loro genitori o perché la famiglia così risparmia (nel paese oltre il 40 per cento dei cittadini vive al di sotto di una soglia nazionale di povertà fissata ben al di sotto di quella tedesca o anche italiana), oppure perché mamma e papà sono convinti che un po’ di duro addestramento militare farà bene al piccolo, per diventare grande nel mondo d’oggi. Non pochi dei genitori sono seguaci convinti del partito di governo, la Fidesz di Orbàn, o di Jobbik, gruppo neonazista nostalgico e antisemita, terza forza rappresentata in Parlamento.
Il ritmo quotidiano nei campi è scandito dal programma: appello al mattino, scontri simulati col massimo terrificante realismo, ispezioni severissime degli istruttori. Di solito i corsi di addestramento paramilitare durano una settimana, come a Mogyoròd, ma possono anche essere più lunghi. Ovunque, i ragazzi sono di fatto indottrinati alle idee di difesa della Patria e del rigore dell’obbedienza militare. Comandi tanto più duri in un paese che affronta l’emergenza migranti con il Muro di lame di rasoio appena finito di costruire, il paese il cui premier disprezza l’Europa liberal elogiando la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan o addirittura la Repubblica islamica iraniana come forme di governo più stabili ed efficienti, e auspicando «istituzioni non liberali in nome della difesa di sovranità e interessi della Nazione». Sveglia alle 5, rancio, poi si comincia subito a sparare. Imparando a usare il Kalashnikov o le mitragliatrici o i
cannoni per uccidere. Per vincere, non si sa contro chi. «Ho trascorso una settimana in uno di questi campi, ho condiviso emozioni e tensioni dei ragazzini in uniforme, ho mangiato il rancio con loro, ho dormito con loro nelle fredde, scomodissime tende all’aperto, è stato durissimo», racconta il fotoreporter spagnolo Oriol Segon Torra, autore delle immagini in queste pagine. «Lì domina un’idea collettiva sulla società europea radicalmente contrastante con la nostra, quella democratica e liberal», aggiunge. E spiega: «Con il mio reportage ho tentato di narrare la trasformazione imposta a quei giovani animi, con le testimonianze dei ragazzi nel momento in cui vivono, in quei campi, un momento di svolta della loro crescita, costretti improvvisamente a confrontarsi con un rigido sistema basato su gerarchia e competitività».
I centri di addestramento per i giovani sono solo un’istituzione patriottica che rafforza le capacità di difesa nazionale e l’identificazione dei giovani nella nazione, minimizzano i portavoce governativi. Zsòlt Horvath, capo di uno dei campi più importanti, vanta spesso il tutto esaurito nel suo centro d’addestramento militare. «Noi non difendiamo né propaghiamo idee politiche», ha detto a Kenoe Verseck, reporter critico ungherese che ormai scrive soprattutto per la stampa in lingua tedesca. «Le nostre idee di rigore e disciplina possono essere fatte proprie da ogni partito, noi proponiamo solo che in Ungheria le idee di ordine, disciplina e patriottismo vengano prese di nuovo sul serio». Ore di combattimento simulato, con Kalashnikov, bombe a mano e artiglieria, poi pausa rancio, poi si combatte di nuovo contro il nemico immaginario. A sera l’ammainabandiera al canto dell’inno nazionale, poi il silenzio. Così scorre nei campi paramilitari ungheresi la vita di ragazzi tra i 10 e i 14 anni per i quali, in qualunque altro paese dell’Unione europea, sarebbe normale mandare messaggi ai coetanei con lo smartphone, navigare in rete tra social forum, giocare, al massimo partecipare ai war games con la Playstation. È un’altra idea di società quella che sta prendendo piede in Ungheria, scrive Kenoe Verseck su Cicero, la rivista politica più trendy tra le élites democratiche tedesche e centroeuropee. Orbàn, sempre più spesso, viene chiamato “il capo” dai suoi. Riabilita l’ammiraglio Horthy, cioè il dittatore antisemita che governò dal 1919 al 1944, fu il principale alleato di Hider sul fronte orientale e introdusse nel 1920 le prime leggi razziali. Nell’Ungheria di Orbàn che l’Unione europea tollera tra i suoi membri prosperano anche altre organizzazioni paramilitari. Da gruppi di difesa civica orientati chiaramente verso l’estrema destra, alla temuta Magyar Gàrda (guardia magiara), forte gruppo paramilitare vicino a Jobbik. Ufficialmente proibita, tiene comunque sulla centralissima piazza degli Eroi di Budapest ogni cerimonia pubblica di giuramento di nuove reclute, e specie nelle povere province orientali organizza ronde intimidatorie contro i rom. I campi d’addestramento militare per soldati-bambini, che farebbero pensare prima all’Africa delle guerre tribali che non all’Europa, hanno anche questa realtà politica come sfondo. Mentre l’Europa tace.