Grazia, 17 dicembre 2015
Il cibo più afrodisiaco? Fragole e uva. Parola di Antonino Cannavacciuolo
Se pensate che intervistare un attore sia difficile, è evidente che non avete mai provato a parlare con un cuoco. Al di fuori del suo ristorante, si intende. Se poi lo chef è Antonino Cannavacciuolo, armatevi di pazienza. Il brodo sul fuoco avrà sempre la precedenza su di voi. Già, perché nonostante sia una star della televisione e dal 17 dicembre su SkyUno si aggiunga ai giudici Joe Bastianich, Carlo Cracco e Bruno Barbieri nella quinta edizione del talent show culinario Masterchef Italia, Cannavacciuolo passa il suo tempo nella cucina del ristorante che porta il suo nome, all’interno del relais Villa Crespi a Orta San Giulio (Novara), sul lago d’Orta. Dopo tre tentativi riesco a inchiodarlo al telefono. Anche se non ce l’ho fisicamente di fronte, la voce baritonale che mi risponde in un calmo, ma deciso accento napoletano, corrisponde alla sua mole imponente e mi mette un po’ soggezione.
La scorsa settimana il suo collega Joe Bastianich ha detto a Grazia che vuole assolutamente provare le linguine alle vongole di sua mamma.
«Davvero? Be’, deve farne di strada prima che lo inviti a casa mia. Ci vorranno almeno tre anni di buon comportamento».
Ma perché queste linguine sono speciali?
«Sono vere e genuine, come tutta la cucina dei miei genitori. Mio padre, che è stato un grande chef, quando è andato in pensione si è ritirato in campagna. Ha una tenuta con galline, conigli, maiali. Mamma seleziona i prodotti, prepara i sottaceti e chi viene a casa mia, a Vico Equense (in provincia di Napoli, ndr), scopre i sapori veri».
Ma la sua casa non è ormai Villa Crespi, sul lago d’Orta?
«E infatti è un posto bellissimo, abbastanza vicino alla Svizzera da averne assorbito la precisione».
E poi lì c’é sua moglie, Cinzia Primatesta.
«Certo, è per lei che mi sono trasferito. Siamo legati da 16 anni e abbiamo due figli: Elisa, 8 anni, e Andrea, 3».
Com’è lavorare con sua moglie?
«Non so, non ci vediamo molto. Lei è in ufficio, tra le carte, io in cucina, ai fornelli».
E a casa per i suoi figli chi cucina?
«La tata. Noi ci stiamo poco. Però a Natale mi prendo la rivincita».
Vale a dire?
«La mattina lavoriamo al ristorante, ma la sera si sta a casa, per il cenone. C’è tutto quello che serve a sentire l’atmosfera del Natale: i frutti di mare, la frutta secca e le castagne, la pizza di scarola. E cucino io».
Come mangiano i suoi figli?
«Elisa è pazza per dolci, Andrea vorrebbe solo verdure».
E se diventasse uno chef vegano?
«Quella è una scelta di vita, non solo di cibo. Dovendo scegliere, francamente, io preferirei vegetariano. Puoi rinunciare anche alla carne e al pesce, ma senza formaggio e uova è proprio difficile far godere il palato».
Lei è sposato, ma con una donna vegana ci uscirebbe a cena?
«Perché no? Cinzia lo è quasi: tutta yoga e verdure. Fa fìnta di mangiare carne e pesce, ma tra una bistecca e del tofu sceglie quest’ultimo».
E come cucina il tofu lo chef Cannavacciuolo?
«Impanato, con le salse: è divertente. In generale, in cucina, è con le verdure che ci vuole più fantasia: ad aprire uno scampo fresco, metterci un filo d’olio e sale sono capaci tutti. A bilanciare l’acido e l’amaro delle verdure ci vuole mestiere. Il piatto che lascia davvero il segno è sempre un piatto vegetariano».
Perché gli chef sono tutti considerati sexy?
«Perché hanno a che fare con il cibo, che è la forza della vita. C’è da festeggiare qualcosa, dove si va? Al ristorante. Conosci una ragazza? La inviti a cena».
Lei guarda il modo di mangiare delle donne?
«Certo. Da quello capisci tutto. Il cibo è un potente afrodisiaco, ma non è tanto per la pietanza in sé, quanto per il movimento che l’accompagna. Per esempio, più che ordinare un’ostrica conta il modo in cui la si avvicina alla bocca. Anche mangiare un panino appoggiati a un muretto può essere sexy».
Qual è per lei il cibo più afrodisiaco in assoluto?
«La frutta, in particolare le fragole e l’uva».
È vero che a Masterchef lei sarà il giudice più buono?
«Divento cattivo solo se ho di fronte un arrogante».
Com’è stato entrare in una squadra già rodata come quella di Masterchef?
«Sono un piccolo imprenditore tra tre grandi. Conosco il lavoro di Carlo Cracco e Bruno Barbieri da vent’anni. Da quando ero ragazzo guardo ai loro successi e alla loro cucina. Da loro non puoi che imparare».
E da Bastianich?
«Anche. Ha aperto 30 ristoranti, è un grande».
Nessuna frecciatina ai colleghi?
«Mi hanno accolto a braccia aperte. Ci siamo visti qualche giorno fa, dopo un mese di lontananza, e la prima cosa che ho detto è stato: “Mi mancate”».
E i concorrenti di questa edizione come saranno?
«Sono molto creativi, cosa che spesso i professionisti non possono più permettersi. Se ci fossimo rivolti a 20 cuochi veri, avrebbero incontrato delle difficoltà durante certe situazioni. Li metteremo alla prova con ingredienti che neanch’io conosco bene».
Perché Masterchef piace tanto?
«Per il gusto della competizione, prima di tutto. Ovviamente per il cibo. E poi anche perché oggi manca la mamma che ti insegna a cucinare. A 18 anni vai fuori di casa a studiare, a lavorare, e come fai a imparare? I ragazzi oggi si mettono ai fornelli da soli, usano i libri e la tv. Facciamo tutti lavori più cerebrali che manuali, ma la cucina ti riporta a usare il fisico, le mani. Ti fa scoprire che la perfetta lievitazione di un pane che hai preparato tu è capace di farti toccare il cielo con un dito».
I concorrenti di Masterchef possono diventare davvero cuochi?
«Il programma spiega la fatica del mestiere, ma da lì a diventare chef ci vogliono dieci anni di cucina».
Dicono che ci voglia anche fortuna.
«Ovvio. Io infatti la aspetto tutti i giorni, dalle 8 del mattino alle 2 di notte. Mentre gli altri vanno a sciare il fine settimana, e la sera al cinema, il cuoco sta lì, che aspetta la fortuna in cucina».
Dovesse scegliere un mestiere alternativo?
«Farei il pescatore. Il mare rilassa e riesco a non pensare al mio lavoro».
Altrimenti ci pensa spesso?
«Sempre, soprattutto quando vado a cena fuori. A proposito, mi scusi se chiudo io la telefonata, ma adesso devo proprio tornare in cucina. Se no finisce che mi segnano mezza giornata di riposo».