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 2015  dicembre 17 Giovedì calendario

Renzi ha un problema con duecentomila medici

La risposta del governo Renzi allo sciopero imponente nella sanità – 75% di adesioni, non accadeva dal 2004 – è una partita di giro da illusionisti. L’emendamento alla legge di stabilità sulle 6 mila assunzioni, una goccia nell’oceano, è stato ripresentato dopo il clamoroso ritiro per mancanza di risorse certe con le seguenti modalità. Nella nuova versione si dice che le assunzioni saranno fatte, a condizione che le regioni reperiscano le risorse dopo anni di tagli e definanziamenti. Non ci sono risorse aggiuntive. Le regioni dovranno tagliare per assumere nuovo personale da marzo, il 50% saranno i precari attraverso un concorso. È il gioco delle tre carte: prima si tagliano al Fondo Sanitario Nazionale 2,3 miliardi, poi si dice alle Regioni di farne altri, magari alzando i ticket sanitari. È un circolo infernale senza fine.
Al presidio organizzato ieri all’ospedale San Camillo di Roma, uno dei più grandi ospedali della Capitale nel quartiere Monteverde, i medici e gli infermieri presenti si sono detti «profondamente delusi» dalla soluzione trovata per le assunzioni. “Innanzitutto non c’è nessuna cifra – ha detto il presidente dell’Anaao Domenico Iscaro – il numero 6 mila non è riportato nell’emendamento, viene rinviato alle Regioni il compito di individuare il fabbisogno di personale e di avviare le procedure concorsuali che dovrebbero essere espletate nel prossimo triennio, un tempo molto lungo, e soprattutto non c’è nessuna risorsa economica aggiuntiva prevista finalizzata». «Le risorse dovrebbero venire da risparmi delle Regioni, che non sappiamo come possano essere fatti – ha aggiunto il sindacalista – visto che siamo in un Fondo sanitario nazionale finanziato già con 1 solo miliardo invece dei 5 previsti dal Patto per la Salute».
Riproponendo le assunzioni, in maniera a dir poco incerta, il governo ha cercato di contrastare il colpo inferto dallo sciopero al suo consenso. Ma l’antidoto è peggiore del male, come ha spiegato Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva: “Il rischio reale che si corre, come l’esperienza ci dimostra, è che in caso di mancata realizzazione di questi risparmi le risorse per far fronte alle assunzioni le Regioni le andranno a reperire riducendo i servizi sanitari, aumentando i tempi di attesa o aumentando i ticket. Questa eventualità deve essere scongiurata dal Governo, che su questo dovrà garantire, vigilare attentamente e intervenire in forma sussidiaria attraverso il Ministero della Salute qualora ce ne fosse bisogno”.
A riprova della difficoltà del governo si può citare l’improvvisa conferenza stampa organizzata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin nel bel mezzo dello sciopero. Segno di grande debolezza, un’anomalia raramente registrata in Italia. Lorenzin ha ribadito quello che sostiene, senza successo, da mesi: il suo governo non ha fatto tagli lineari alla sanità, ha messo un miliardo in più sul fondo nazionale, assumerà 6 mila persone. Queste, in breve, le cifre: saranno stanziati fino a 329 milioni di euro le assunzioni entro il 2017. Le discusse norme sulla medicina difensiva saranno approvate al massimo entro gli inizi dell’estate. Arriveranno nuovi Livelli essenziali di assistenza entro la fine di febbraio grazie a 800 milioni vincolati dal Fondo sanitario nazionale. Poi una mezza ammissione sulle ragioni dello sciopero che ha posto il problema della sopravvivenza del futuro del sistema sanitario pubblico. Lorenzin sostiene di volere accogliere queste motivazioni “in modo costruttivo”. E ha riconosciuto: “Se il sistema ha retto nonostante crisi lo si deve proprio al sacrificio in termini di disponibilità e preparazione di medici e infermieri”.
Questi “sacrifici” e la “disponibilità”, oltre ogni limite,hanno evidentemente superato la soglia della sostenibilità tra i 200 mila camici bianchi. Le cifre imponenti dello sciopero raccontano una realtà drammatica: 40 mila interventi chirurgici saltati causa sciopero, ma sono state garantire le urgenze, ha assicurato Alessandro Gargallo del sindacato degli anestesisti Aroi. «I nostri pazienti che oggi troveranno chiusi 3 studi su 4 non se la prenderanno, crediamo, con noi perché li abbiamo preparati a questa giornata di protesta». Lo dicono Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), e Giampietro Chiamenti, presidente Fimp (Federazione italiana medici pediatri).
Il problema sono i tagli. «In questi ultimi anni – ha detto Maria Luisa Agneni, responsabile per l’Asl RM/E degli specialisti ambulatoriali del Sumai-Assoprof al presidio al San Camillo– abbiamo assistito al disinvestimento nel Ssn, in primis sugli operatori, con il solo effetto di ridurre cure e servizi di qualità ai cittadini”. Allo sciopero hanno aderito 16mila medici specialisti ambulatoriali interni, con 500 mila prestazioni e 190 mila visite che non eseguite.
La protesta proseguirà, sono già stati annunciati altri due scioperi. “il governo si impegni a finanziare per davvero la sanità pubblica, a partire dal rinnovo del contratto – afferma la segretaria nazionale della Fp Cgil, Cecilia Taranto – servono soluzioni strutturali al problema dell’occupazione: la verità dietro le nuove assunzioni annunciate è che il governo sta anche creando nuove sacche di precariato in sanità, dicendo alle regioni di assumere fin dal primo gennaio nuovo personale con rapporti di lavoro flessibile”. Lo scontro con il governo è frontale. Renzi non ne uscirà facilmente.