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 2015  dicembre 17 Giovedì calendario

Il nero sottrae al Fisco 122 miliardi l’anno

«Quest’estate l’economia italiana invece di accelerare ha subito a sorpresa un rallentamento progressivo che, per noi, rimane un po’ un mistero». A sottolinearlo, ieri, è stato il direttore del Centro Studi di Confindustria, Luca Paolazzi, presentando gli ultimi Scenari economici. I nuovi numeri forniti dal Csc prendono atto di questa «sorpresa negativa» dei mesi estivi e dell’inevitabile aumento dell’incertezza, legato agli episodi terroristici di novembre. Così, le previsioni parlano ora di una crescita del prodotto pari allo 0,8% quest’anno (a settembre la stima era +1%) e di un incremento dell’1,4% per il 2016 (tre mesi fa si sperava in un +1,5%) mentre nel 2017 l’economia si dovrebbe attestare a +1,3%. Il rapporto presentato ieri, tuttavia, applica lo zoom sul fenomeno dell’evasione fiscale e segnala che se si riuscisse, con un’efficace azione di contrasto, a dimezzare l’entità dell’evasione fiscale e contributiva (oggi pari a 122 miliardi e 208 milioni di euro ovvero il 7,5 per cento del Pil) restituendo ai cittadini quanto recuperato sotto forma di minori aliquote, si otterrebbero 3,1 punti di crescita in più e oltre 335mila nuovi occupati.
Il rapporto di Csc sul fisco evidenzia come l’Italia sia il secondo paese europeo per livello di evasione. Il confronto, basato sul tax gap per l’Iva, attesta che l’Italia viene subito dopo la Grecia con un gettito evaso del 33,6% di quello dovuto, contro il 16,5% della Spagna, l’11,2% della Germania, l’8,9% della Francia e il 4,2% dei Paesi Bassi. Csc sottolinera anche «l’inadeguatezza dell’amministrazione fiscale nell’effettuare i controlli, mirati a fare cassa e non alla deterrenza, tanto che il 99% dei contribuenti rischiano di subire un controllo ogni 33-50 anni». E «le elevate quote fiscali e l’onerosità degli adempimenti, che è massima in termini di numero di pagamenti e di tempo richiesto per assolvere gli obblighi».
Tornando all’oggi e al modesto incremento del prodotto sul quale in ogni caso possiamo contare, nel triennio saranno creati 650mila posti di lavoro che portano, secondo Csc, a 815mila il totale, da quando sono ricominciati ad aumentare. Paolazzi ha tenuto a ricordare che c’è sempre la possibilità di una sorpresa positiva, anche perché è già accaduto che le statistiche dell’economia italiana fossero riviste, anche sensibilmente, verso l’alto. «Siccome non è la prima volta che l’Istat rivede massicciamente i dati, credo che quando avremo numeri più solidi, vedremo che il Pil italiano cresce più di quello che adesso siamo costretti a dire che è cresciuto». Per il capoeconomista di Confindustria, in ogni caso, «in autunno si è verificata una ripresa di slancio» dell’economia italiana. D’altra parte, negli ultimi mesi molti dati esterni sono cambiati e nel quadro internazionale si sono accentuate le tendenze di frenata degli emergenti e degli scambi, caduta del prezzo del petrolio, riduzione dei tassi d’interesse e indebolimento dell’euro. Come risultato nelle stime di crescita internazionale del CsC il Pil globale riprende gradualmente vigore pur restando frenato: +1,1%, +2,5% e +3,0% scandiscono il ritmo annuo, certo non brillante, degli scambi globali previsti per il triennio 2015-2017. Come ha osservato ieri, nel corso del dibattito, l’economista Fedele De Novellis del Ref, oggi siamo tutti, un po’ «nelle mani della Federal Reserve» e, se è possibile fare affidamento per l’Italia su tassi di crescita positivi nel 2016, nel ’17 per effetto di una serie di rialzi dei tassi, anche la crescita italiana potrebbe avere qualche problema.
Ma perché la ripresa da noi è così gracile, nonostante l’esistenza di potenti stimoli all’economia, come una bolletta petrolifera che quest’anno risparmia 21 miliardi e 24 nel 2016, o una riduzione degli oneri per interessi di 5 miliardi nel 2015 e 10 nel 2016? Per tanti motivi, ha ricordato Paolazzi: la crisi ha reso le famiglie più prudenti, debbono essere ricostituiti i margini e il risparmio, il credito resta molto selettivo, il potenziale di crescita dell’economia italiana è ulteriormente diminuito, le costruzioni sono ancora ferme. Infine, il continuo aumento del costo del lavoro per unità di prodotto segnala un’ulteriore perdita di competitività. Per quel che attiene, invece, ai conti dello Stato, la finanza pubblica italiana appare sotto controllo: il Csc stima infatti un indebitamento netto al 2,7% (dal 3% del 2014) al 2,3% nel 2016 e all’1,7% nel 2017. Previsioni che incorporano le misure della stabilità 2016 e ipotizzano che nel 2017 siano annullate le clausole di salvaguardia(15,1 miliardi) attraverso tagli di spesa corrente primaria dello stesso ammontare. C’è uno scostamento rispetto al target del governo per il 2017(che è pari all’1,1%) ed è dovuto al più basso incremento stimato da CsC per il prodotto nominale.