Corriere della Sera, 17 dicembre 2015
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Migranti, banche e North Stream: Renzi è scontento e vuole sostituire l’ambasciatore a Bruxelles
C’era una volta Berlusconi, maestro di incomprensioni con Bruxelles. Una notte si chiuse in una suite dell’hotel Conrad e cominciò a gridare lasciando attonito l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci: il nostro rappresentante diplomatico presso la Ue provò a spiegare all’ex Cavaliere che non poteva mettere alcun veto, che non aveva altre strade che adeguarsi al caso di turno, l’ex premier continuò a fare fuoco e fiamme e a coinvolgere, oltre ogni realistica responsabilità, anche il malcapitato ambasciatore. La storia, anche se con altre dinamiche, sembra ripetersi. Complici forse le crescenti incomprensioni con la Commissione Ue, dal dossier migranti alle clausole di bilancio sino al caso del raddoppio del gasdotto North Stream, Renzi avrebbe deciso di sostituire il nostro ambasciatore a Bruxelles, Stefano Sannino, prima del tempo. Nominato da Letta, una vita dentro le istituzioni della Ue, probabilmente uno dei migliori conoscitori dei meccanismi comunitari, mesi fa in corsa per diventare segretario generale della Ue (secondo i maligni non sostenuto a dovere da Palazzo Chigi), Sannino lascerebbe la capitale belga prima del tempo, per andare a rappresentare l’Italia a Madrid. Il Consiglio dei ministri del 21 dicembre potrebbe adottare la decisione. Negli ambienti diplomatici l’indiscrezione sta facendo rumore, per le modalità e l’interruzione anzitempo di un mandato, ma il diretto interessato sembra abbia già accettato con spirito di servizio la notizia: «Capisco che questa non è un’ambasciata come le altre, è come un ufficio distaccato del governo e ci vuole un rapporto particolare di fiducia», si è confidato con gli amici. Rapporto che con Renzi si è probabilmente sgranato, causa anche due caratteri agli antipodi: Sannino è un pontiere per definizione, il premier affronta le questioni per rottamare quello che ritiene sbagliato. Non è un mistero in ogni caso che Renzi sia insoddisfatto della squadra italiana che ci rappresenta nelle istituzioni di Bruxelles. «È arrivato il momento di fare un discorso anche con i nostri alti burocrati perché in Europa non si fa carriera solo perché si parla male dell’Italia», ha detto due giorni fa nel salotto televisivo di Bruno Vespa, concetto che aveva già espresso mesi fa. Escluso che si riferisse a Sannino, resta l’interrogativo sull’identità degli altri burocrati italiani additati dal premier. La partenza di Sannino sarebbe anche l’inizio del primo vero valzer di ambasciatori dell’era Renzi. Che a Bruxelles vorrebbe spostare l’attuale ambasciatore a Mosca, Cesare Maria Ragaglini. E se qualcuno alla Farnesina obietta che Ragaglini non si è mai occupato di questione europee, a Palazzo Chigi, nello stile di Renzi, replicano con grande semplicità: «Meglio così». Di sicuro un’altra casella destinata a cambiare, nei prossimi mesi, è proprio quella di consigliere diplomatico del premier: l’ambasciatore Armando Varricchio è dato in partenza per Washington, per sostituirlo si sono finora fatti molti nomi, compreso quello di Giampiero Massolo, che oggi dirige il Dis e a cui Renzi avrebbe chiesto (senza successo) di riprendere e sommare le vecchie deleghe, accarezzando l’idea di trasformare l’ufficio diplomatico di Chigi in quello che alla Casa Bianca è il National Security Council, organismo che si occupa di intelligence, sicurezza e anche di politica estera.