La Stampa, 17 dicembre 2015
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«Dove buttavo le siringhe? Al McDonald’s». Confessioni di Alex Schwazer
Con un siringa in mano Alex Schwazer racconta il suo viaggio con l’Epo: «Dove buttavo le siringhe? Al McDonald’s». Storia allucinogena e triste che ripercorre il momento più buio di una carriera in cerca di riscatto.
Il marciatore parla durante l’udienza del processo di Bolzano, seconda e ultima testimonianza di un procedimento in cui lui non è più direttamente coinvolto perché ha patteggiato. Gli imputati sono i medici Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella e l’ex dirigente Fidal Rita Bottiglieri. Stavolta è la difesa che torchia Schwazer.
La ricostruzione
Gli chiedono come ha trasportato le siringhe comprate in Turchia, ne portano in aula dei campioni per verificare i dettagli, ma l’esempio non funziona: l’Epo si inietta con siringhe speciali che non sono in commercio. Schwazer le ha trovate all’estero, le ha portate a Innsbruck in una valigia, ha messo l’Epo in una borsa freezer, ha persino chiesto a un autista se poteva conservargliela nel frigo di un pullman.
Gli avvocati lo mettono in difficoltà, per loro dalla lista dei ricordi escono «diverse versioni e diverse incongruenze». Lui, a tratti, tentenna, come quando gli chiedono se soffriva d’asma. «No», però poi gli presentano un certificato medico e lui «sì, avevo l’allergia». Il caso Schwazer resta aperto anche se lui ha voltato pagina. Si sta allenando per una qualificazione di cui ancora non conosce la data e ammette le sue difficoltà: «Per me è dura essere qui. Il dottor Fiorella mi ha sempre seguito, mi dava la borraccia... Purtroppo io ho sbagliato, ma lo ha fatto anche lui. Se parlo per avere uno sconto? Non cerco sconti, non ne ho mai avuti».
Le carte del Tna
In realtà ha chiesto uno sconto direttamente alla Wada, dopo che il Tribunale nazionale antidoping ha respinto la richiesta. Lo scenario sarebbe cambiato dopo il caso Russia, i suoi legali sottolineano l’importanza della deposizione poi usata dall’antidoping di Mosca, ma il Tna aveva già preso in considerazione questo aiuto e non lo aveva ritenuto così fondamentale. Nel dispositivo datato 15 ottobre si legge: «Le indagini erano già in essere da tempo. Il coinvolgimento di Chegin (allenatore di marcia) era arcinoto e l’atleta in ogni caso parla di lui su precisa domanda». Le considerazioni finali ribadiscono il concetto: «Sia la procura di Bolzano che la procura antidoping ritengono che restano zone d’ombre su cui l’atleta non ha reso chiarimenti». Questi i motivi del no alla riduzione della squalifica.
Schwazer motiva le discrepanze con una presa di coscienza: «Prima pensavo di essere l’unico responsabile, riflettendo ho capito che gli atleti sono spesso usati». Dice di non aspettarsi aiuti, di lavorare per il futuro: «È caduta la Russia, è caduto Armstrong, sono messaggi di speranza». È caduto anche lui e ora allontanarsi definitivamente dai giorni in cui buttava siringhe in un fast food è complicato.