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 2015  dicembre 17 Giovedì calendario

Il commento a Juventus-Torino di Gigi Garanzini

Nella Coppa delle sorprese arriva invece da Torino una conferma, perentoria. Nel senso che la Juve non solo raggiunge Inter e Napoli ai quarti di finale. Ma lo fa sbriciolando un povero Toro come mai le era riuscito negli ultimi tempi, con quella serie di derby vinti di stretta misura quando non a tempo scaduto, per tacere della sconfitta – platonica – di primavera.
Non pareva nemmeno un derby in avvio, con quella lunga fase di studio a colpi di fioretto, la Juve, e di solletico, il Torino. Sicché è toccato a un debuttante come Zaza ricordare a compagni e avversari che genere di partita si stava pur sempre giocando. Indossando nel giro di cinque minuti prima i panni di mister Hyde con un’entrataccia su Bruno Peres, subito doppiata da un’altra non violenta ma scomposta sul portiere: e poi del dottor Jekill con una prodezza assoluta che ieri avresti detto alla Bonimba, oggi alla Dybala. Doppia prodezza combinata, perché Morata ha lasciato sul posto due difensori crossando secco a pelo d’erba e Zaza, ingobbendosi come si conviene, l’ha incrociata al volo nell’angolo lontano.
Era la sua serata, e lo si è visto in avvio di ripresa con quella giocata in mischia da puro opportunista che ha chiuso il match. Ma anche un paio di minuti più tardi, quando un altro raptus gli ha fatto stendere Belotti, l’arbitro anziché estrarre il secondo cartellino (dopo quello sacrosanto appena comminato a Molinaro) nemmeno ha fischiato fallo, e a evitare guai ha pensato Allegri sostituendolo d’urgenza. Come faceva Capello con Camoranesi quando sbroccava e l’arbitro col ditino alzato diceva, guarda che alla prossima. Vabbè, non è con Doveri, per scarso che sia, che il Torino deve prendersela, ma con sé stesso visto che non è mai esistito in undici, figurarsi in dieci. Il bello, sinché c’è stata partita, è che Ventura non faceva che prendersela con gli attaccanti. Con quei due sventurati abbandonati a sé stessi che può anche darsi sbagliassero qualche movimento: ma la maglia granata più vicina l’avevano a non meno di trenta metri, e quando là dietro si stufavano di passarsela tra loro non partivano altro che traccianti senza senso.
I gioielli di Dybala e Pogba hanno sparso altro sale sulla ferita. Ma nella serata in cui Ventura ha superato Radice, il sospetto che il predecessore se la sarebbe giocata meglio, francamente c’è.