La Stampa, 17 dicembre 2015
Parigi va alla guerra degli chef. Il ministro degli esteri francese presenta la sua classifica alternativa dei migliori ristoranti del mondo
Questa sera nel corso di una grande cena davanti a 300 invitati nei saloni del Quai d’Orsay Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, svelerà urbi et orbi «La liste», ossia la classifica dei migliori 1000 ristoranti al mondo. L’ha messa a punto un comitato, guidato da Philippe Faure, responsabile di Atout, l’istituzione (analoga al nostro Enit) che promuove il turismo francese nel mondo. Vien subito da pensare a «I francesi già s’incazzano che le balle ancora gli girano»: in questo caso non contro Bartali, come cantava Paolo Conte, ma contro «The World’s 50 Best Restaurants», inventata dalla rivista inglese Restaurant e sponsorizzata dalla San Pellegrino. Facendo votare esperti di enogastronomia di tutto il mondo, questa propone ogni anno l’hit parade dei migliori ristoranti del mondo. Il guaio è che in questa classifica da anni gli chef francesi non brillano: nel 2015 il primo era il francoargentino Colagreco, 11°, e solo al 12° posto c’era Alain Passard, uno dei big della cucina d’Oltralpe.
Di fronte a un simile affronto i francesi non potevano rimanere con le mani in mano. E per difendere l’onore degli chef di casa è sceso in campo Faure. Ha coinvolto alcuni sponsor privati e un’équipe di esperti, tra cui Jean-Claude Ribaut, anziano critico gastronomico di «Le Monde». Lo scopo era realizzare un algoritmo «scientifico» che, mettendo insieme i verdetti delle maggiori guide gastronomiche, dei giornali, delle riviste di settore e dei siti web di tutto il mondo, stilasse una classifica «oggettiva» della cucina internazionale.
Risultato? Nella «Liste» (le cui prime posizioni sono state anticipate nei giorni scorsi sia da Le Figaro che dal sito A Tabula) tra i migliori 10 chef del mondo ben cinque sono francesi. In testa c’è Benoit Voilier, francese che lavora in Svizzera, a l’Hotel de Ville di Crissier, al quarto posto Guy Savoy, dell’omonimo ristorante di Parigi, all’ottavo Michel Troisgros, della dinastia di Roanne, al nono Gilles Goujon dell’Auberge du Vieux Puits a Fontjoncouse, nell’Aude, e al 10° Joël Robuchon, star della cucina d’Oltralpe in tutti i sensi: con le 25 stelle Michelin accumulate dai suoi ristoranti è lo chef più stellato del mondo. La Liste lo premia curiosamente non per i suoi locali parigini, ma per l’atelier di Tokyo.
Tokyo, tra l’altro, brilla con due chef tra i primi dieci: al terzo posto c’è Kenichiro Nishi del Kyo Aji, al settimo Yosuka Imada del Kyubei. I tre posti rimanenti vedono, secondo, Tom Keller del Per Se di New York, al quinto lo svizzero Andreas Caminada e solo sesto Joan Roca, de El Celler de Can Roca, che con i fratelli guida invece la classifica di The World’s 50. Nell’hit parade dei francesi non c’è nessun italiano (Massimo Bottura è invece secondo nella classifica «concorrente»), né ci sono gli echi della nouvelle vague nordica o di quella sudamericana che ha conquistato negli ultimi anni adepti fra i gourmet di tutto il mondo.
A chi contesta l’eccesso di sciovinismo della classifica Philippe Faure risponde in tono sprezzante su Le Figaro: «Siamo preparati alle critiche. Perché noi siamo francesi: gli stranieri troveranno che ci sono troppi francesi in classifica. I nostri connazionali riterranno invece che non ce ne sono abbastanza». E a mettere le mani avanti mostra come su 1000 ristoranti selezionati la presenza più folta sia quella nipponica (più di 120 locali), seguita dai francesi (117) e dagli americani (115). La Cina, la Spagna, la Germania e l’Italia seguono con poco più di 50 ristoranti ciascuno.
Il sito «A tabula», molto seguito Oltralpe, smonta l’iniziatival accusandola di coprire di ridicolo il mondo della gastronomia francese. E definisce Faure il «braccio armato» di Laurent Fabius. In realtà è più che evidente l’intento «politico» della «Liste», che completa quella diplomazia della cucina che porta ad esempio a realizzare ogni anno a marzo «Le Gout de France», con 1000 cuochi di tutto il mondo a preparare nello stesso giorno un menu francese. Noi italiani, più che criticare, dovremmo forse imparare qualcosa: il mondo è pieno di pizzerie e locali tricolori ma riuscite immaginare questa sera Gentiloni al posto di Fabius?