La Stampa, 17 dicembre 2015
Tags : Banca Etruria
Quei toscani al potere, dal Giglio magico alle istituzioni passando per le banche
Tutte le strade di Roma portano ad Arezzo. Si moltiplicano gli intrecci, più o meno diretti, fra Banca Etruria e il governo. Fino a pochi giorni fa si sapeva che il padre della ministra Boschi, Pier Luigi, ne era stato vicepresidente, aprendo un dibattito sul potenziale conflitto d’interessi, e che il fratello Emanuele ci ha lavorato dal novembre 2007 all’aprile 2015 (sua moglie, Eleonora Polsinelli, ancora ci lavora). Nelle ultime ore, però, sono emersi legami più consistenti sull’asse Toscana-Lazio. Roberto Rossi, procuratore capo di Arezzo, quindi della procura che indaga sul presunto conflitto d’interessi degli ex vertici di Banca Etruria, è un consulente del governo (incarico da 5.000 euro lordi). Collabora, ha scritto ieri il Fatto Quotidiano, con il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi guidato da Antonella Manzione, l’ex capo dei vigili urbani di Firenze che Renzi ha portato con sé appena sbarcato a Palazzo Chigi.
Il nipote di Fanfani
E bisogna sempre restare in zona per trovare altri intrecci, sempre a metà fra lo strapaese e lo strapotere di provincia.
Giuseppe Fanfani, «Nipotissimo» di Amintore, ex sindaco di Arezzo, oggi al Csm, eletto in quota renziana nel 2014, è sempre stato un difensore di Banca Etruria, non solo in senso metaforico. «La banca non si tocca», diceva Fanfani, quando la Banca Popolare di Vicenza aveva promosso un’offerta pubblica di acquisto a 1 euro delle azioni dell’istituto di credito toscano. «Inaccettabile», aggiunse l’ex sindaco, il cui ex studio legale (da quando è al Csm non è più attivo) difende Banca Etruria da sempre. In prima linea c’è il figlio, l’avvocato Luca Fanfani, che difende David Canestri, capo del rischio all’istituto di credito.
I legami di Rosi
Spostandosi di qualche decina di chilometri, invece, si arriva a Firenze, dove riemergono altri protagonisti del caso Etruria. L’ex presidente Lorenzo Rosi oggi è amministratore di alcune società, tra cui Egnazia Shopping Mall, che costruisce e gestisce centri commerciali. Egnazia è partecipata al 31 per cento da Nikila Invest, il cui direttore generale è l’immobiliarista Luigi Dagostino.
La Nikila è al 95 per cento di proprietà dell’immobiliarista Ilaria Niccolai, che ne è l’amministratore e figura come socia in altre tre società, due delle quali hanno come amministratore Lorenzo Rosi. La società di Niccolai è socia al 40 per cento di Party srl, società fondata da Tiziano Renzi, babbo del premier, il cui amministratore unico è Laura Bovoli, madre del presidente del Consiglio.
Tra le operazioni in ballo ce ne sono due, una a Sanremo, l’altra a Fasano: agli incontri con i sindaci per costruire i nuovi outlet c’era anche babbo Tiziano, che è consulente di Nikila, come ha spiegato anche Dagostino in un’intervista al Corriere Fiorentino. Renzi senior era forse lì per dare più peso alle trattative? «Tiziano – dice Dagostino – faceva parte del mio team ma nessuno sapeva chi fosse. Doveva spiegare il suo programma di marketing».