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 2015  dicembre 17 Giovedì calendario

Adesso che è morto, un sacco di ragazzi mi chiedono di Licio Gelli, un belzebù che hanno sentito nominare ma di cui sanno in concreto poco o niente

Adesso che è morto, un sacco di ragazzi mi chiedono di Licio Gelli, un belzebù che hanno sentito nominare ma di cui sanno in concreto poco o niente.

Tra i lettori della Gazzetta ci sono un sacco di ragazzi.
Stiamo all’essenziale. Alla fine degli anni Settanta girava voce che 500 papaveroni italiani - politici e finanzieri - avessero esportato in Svizzera i loro soldi grazie all’aiuto del bancarottiere Michele Sindona. Due magistrati che si chiamano Giuliano Turone e Gherardo Colombo credevano di sapere che la lista di questi cinquecento, potenti ed evasori, si trovava in åcerti uffici di Castiglion Fibocchi (Arezzo), di proprietà di un tizio che si chiamava Licio Gelli. I due giudici andarono e trovarono effettivamente una lista. Ma non era composta di 500 nomi, bensì di 953. E non si trattava di esportatori di valuta, ma di iscritti alla loggia massonica P2. Ora, premesso che Licio Gelli era di sicuro un avventuriero, e probabilmente un mascalzone, va anche rivelato un retropensiero che attraversa tutta la storia italiana e di cui abbiamo avuto un esempio plastico nel film Un borghese piccolo piccolo
di Mario Monicelli (vedere la scenetta tra Alberto Sordi e Romolo Valli).  

Quale pensiero?
Che tutta la storia italiana sia segretamente governata da uomini che di nascosto si sono messi d’accordo tra loro per fare e disfare, e che il governo, il parlamento, i partiti non siano che una mascheratura di questa associazione misteriosa. L’ultima rappresentazione di un’idea simile, che neanche noi sappiamo dire quanto vera e quanto falsa, è la vicenda della trattativa stato-mafia, portata avanti dal giudice Ingroia e sbeffeggiata da Giuliano Ferrara. Di queste associazioni segrete la massoneria, con i suoi riti ormai ridicoli, sarebbe la più potente e perfino a Ciampi fu imputato, per tutta la vita, di essere massone. In ogni caso, la scoperta della lista di Castiglion Fibocchi pareva la conferma nero su bianco che l’Italia era governata da una società segreta, che questa società segreta era la loggia massonica Propaganda 2 (P2) e che il capo di questa società segreta doveva per forza essere in qualche modo il padrone d’Italia. Si trattava, appunto, del Venerabile Licio Gelli, nato nel 1919, già combattente in Spagna con i franchisti, poi partigiano, poi rappresentante della fabbrica di materassi Permaflex con grossa commessa ottenuta dalla Nato, quindi autore di documenti politici in cui si incoraggiava la Dc a fare un colpo di stato, sospendendo la Costituzione, bloccando i sindacati eccetera eccetera. L’uomo aveva tirato dalla sua, con la storia della massoneria che tutto può, il banchiere Roberto Calvi, che fece saltar per aria il Banco Ambrosiano, e il giovane Angelo Rizzoli, che possedeva il Corriere della Sera.  

Sono due dei nomi compresi nella lista della P2?
Sì. Un altro era Silvio Berlusconi. Un altro ancora Maurizio Costanzo. Un terzo nome era quello di Fabrizio Cicchitto, a quell’epoca appartenente alla sinistra socialista. Costanzo si confessò pubblicamente da Giampaolo Pansa, in un’intervista televisiva memorabile che poi è sparita dalla circolazione. Sudava e mentre si confessava s’asciugava il collo con il fazzoletto. Anche Cicchitto ammise e si ritirò dalla vita politica, salvo poi riapparire con Forza Italia a metà anni Novanta. Berlusconi ha sempre sostenuto che la tessera della P2 che aveva in tasca era una cosa senza importanza, un’iscrizione fatta perché non si sa mai, lui la massoneria sapeva a stento cos’era. Fatto sta che tante delle cose fatte poi dal suo governo sono sembrate a molti un tentativo di realizzare i progetti golpisti immaginati a suo tempo da Gelli.  

E gli altri iscritti?
Nella lista c’era un sacco di gente importante. Generali della Guardia di Finanza, tre ministri, un segretario di partito. Al governo c’era Forlani e dovette dimettersi. Subentrò Spadolini (primo governo non democristiano nella storia della Repubblica), che sciolse la P2 e proibì con una legge le società segrete. Una commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi indagò sulle trame segrete. Se devo dirle la verità, però, dopo i lavori della Anselmi e cinque inchieste della magistratura, non s’è ancora capito se abbiamo assistito a una gigantesca millanteria o a un vero e proprio tentativo eversivo.  

Gli storici, a distanza di quasi mezzo secolo, un’idea se la saranno fatta.
Nel 1982 venne nominato Gran Maestro della massoneria Armando Corona. Egli declassò la P2 a buffonata o quasi. Disse che Gelli aveva millantato se stesso con gli americani, spaventati perché Gran Maestro della massoneria italiana era diventato un socialista di sinistra, il medico Lino Salvini. Gli americani misero dei soldi per fondare una massoneria di destra e Gelli fu talmente bravo da farsi dare, con la scusa della P2, un mucchio di dollari. Nei vasi di fiori di Villa Wanda, dove abitava Gelli, erano nascosti chili di lingotti d’oro. Per il resto, l’ex Venerabile è entrato e uscito da un sacco di prigioni, cavandosela in genere in modo abbastanza misterioso. Relazioni importanti, magari sostenute da dossier di qualche tipo, deve averle coltivate fino all’ultimo. Anche se la sua passione finale è stata la poesia, di tipo malinconico e intimista. Tra una contraddizione e l’altra, insomma, il mistero di questo protagonista della storia italiana degli anni Settanta e Ottanta è rimasto intatto.