La Gazzetta Dello Sport, 16 dicembre 2015
«Non Sono il diavolo. non esiste». La difesa di Blatter
«A vita! Squalificati a vita! Anche Platini. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo preso tutti i soldi Fifa e siamo scappati? Abbiamo ucciso qualcuno?». Sepp Blatter si toglie la giacca, con ancora lo stemma Fifa, e dalla camicia senza cravatta spunta la maglia della salute e il crocifisso d’oro: «Non sono il diavolo. Credo in Dio e, se Dio esiste, non può esserci l’inferno. Quindi neanche il diavolo». E accende un sorriso mefistofelico e appassionato: quasi 80 anni, più di 40 alla Fifa, più di 17 da presidente «e lo sono ancora». In un hotel di Zurigo, non lontano dalla Fifa, Blatter parla con la «Gazzetta», con lo spagnolo «El Mundo Deportivo» e con il francese «Libération» a un giorno dall’audizione al comitato etico.
Avrebbe mai immaginato di trovarsi così?
«Sono scioccato. Mi hanno sospeso 90 giorni senza neanche ascoltarmi. Allora vado con il mio bravo avvocato per difendermi: voglio essere sentito dai giudici. In Svizzera non possono condannarti a vita senza che ti difenda, è contro il diritto dell’uomo. E ho scritto a tutte le federazioni perché sappiano anche loro».
Cosa?
«Che nella mia vita non ho mai accettato denaro non guadagnato, e che ho sempre pagato i miei debiti. Vi assicuro che i 2 milioni di franchi a Platini sono legittimi. E che sto subendo qualcosa che sembra l’Inquisizione».
Cosa pensa del portavoce del comitato etico per il quale Platini sarà comunque condannato?
«Non capisco. Ma non ha senso neanche il fatto che io abbia scoperto dai giornali che sarò radiato, oppure che dovrò pagare 600mila franchi di multa! È contro i principi della confidenzialità e la Disciplinare Fifa dovrebbe intervenire: le abbiamo mandato una lettera e non ci hanno nemmeno risposto di averla ricevuta. Un trattamento mai visto».
Si sente tradito?
«Sento che molti presidenti federali sono ancora con me: europei, africani, sudamericani, caraibici, anche se sono stato condannato in anticipo. E un deputato svizzero ha chiesto in Parlamento se vogliamo per caso vendere la Fifa all’America».
Gli Usa intervengono forse sul comitato?
«Non credo, ma se così fosse la Svizzera dovrebbe avvertirmi: sono cittadino svizzero. Anche se nessuno è profeta in patria».
Blatter al centro di una nuova guerra fredda Usa-Russia?
«Ah ah! Per ora, sono il pallone tra la giustizia svizzera e quella americana, come nella vignetta del New York Times. Non so se sono il legame geopolitico tra i due grandi. Ma è il calcio che vince la guerra, perché i Mondiali si faranno in Russia e Qatar».
Lei per chi ha votato?
«Non lo dico ma lo capite da soli (gli Usa, ndr ). Però siete d’accordo che il Mondiale, un giorno, avrebbe dovuto svolgersi in un Paese arabo? Avevo detto al re saudita Abdullah che l’Africa è quella sub-sahariana ma ci sarebbe stato un Mondiale a nord».
Non sarebbe giusto cambiare le sedi?
«E perché? Sono state scelte e riconfermate. L’America si interessa poco del Qatar e accusa la giustizia svizzera di non interessarsi del tema. Non è la polizia mondiale, anche se pensa di esserlo. E gli Usa non hanno forse una base militare in Qatar?».
Solite ingerenze politiche?
«Ci sono sempre state. Ricordate Obama che bacia la moglie a Copenaghen per i Giochi? Ma, se tutto fosse andato come doveva, i Mondiali sarebbero andati a Russia e Usa. Poi al voto tutto è crollato, ci sono stati interventi politici (la Francia, ndr ). Certo, mi chiedo perché tutti gli arresti in un hotel a cinque stelle di Zurigo…».
Cos’è successo con Platini e i 2 milioni di franchi?
«A fine ’98 Michel mi ha detto: “Vorrei lavorare con te”. E io: “Benvenuto”. Lui ha aggiunto: “Guarda che sono un po’ caro, un milione all’anno”. Gli ho detto: “Vediamo cosa posso fare”. Un validissimo contratto orale. Non c’era il progetto Goal per aiutare i paesi più poveri, non c’era il calendario internazionale, lui ha lavorato bene. Poi a sorpresa è stato eletto alla Fifa e all’Uefa, a sorpresa perché l’Europa non l’amava: era l’unico con me. E io non mi sono più occupato del pagamento, per una cosa o per l’altra, ma ho dato l’ordine di pagare. La richiesta è passata per la commissione finanze e il Congresso».
Franco Carraro dice che nel bilancio quei soldi non c’erano.
«Lui era revisore. La prima parte del pagamento è nel bilancio, la seconda no, ma io non sono un contabile Fifa. E che fosse o meno nel bilancio era un debito da pagare».
Nel 2011 però. Si dice che lei e Platini vi foste messi d’accordo: il francese votava per lei e lei, nel 2015, avrebbe ricambiato.
«Non è vero! Mai fatto questo accordo. Ero l’unico candidato e Platini neanche mi ha fatto i complimenti. Non so se questo succede per impedire a Platini di essere il presidente, per mettermi la pietra al collo o per entrambe. Ora le nostre sorti sono legate».
Chi ha detto alla polizia di questi soldi?
«Una banca internazionale. C’era un pagamento e ha avvisato gli investigatori. Normale. Nessuna gola profonda».
Adesso rischia di restare fuori dal calcio?
«Non ho nessuna accusa formale. Il comitato etico dovrebbe intervenire se il presidente non ha fatto il suo mestiere, ma è il Congresso che lo elegge o lo revoca. Spero non sia manovrato, ma non credo».
Cosa pensa dei cinque candidati alla successione?
«Sulle loro qualità non mi pronuncio, ma a maggio ho stravinto contro uno di loro, il principe giordano Ali. E Platini si è complimentato. Non mi posso schierare con nessuno: lo condannerei…».
Gianni Infantino intanto gestisce i sorteggi. Come lei?
«Non è bravo come me (ride, ndr )… Io ho portato Sophia Loren e Pavarotti al sorteggio di Italia 90, e quella bellissima attrice (mima le curve, ndr ), come si chiama, Ornella Muti! Con Infantino c’è un buon rapporto, siamo di paesi distanti otto chilometri, e quando ci incontriamo ci abbracciamo».
Pensa di comandare ancora facendo eleggere un «suo» uomo?
«Falso!».
Le fanno male le dimissioni?
«Non mi sono dimesso, ho rimesso il mandato, è diverso. Per salvare la Fifa, perché c’era il caos. Dicevano che la Fifa era la mafia, ora vedono che è vittima. Sono ancora presidente e dovevano farmi finire il mandato».
Sì, ma con quello che è successo…
«Ma nasce tutto nelle qualificazioni mondiali americane: la Fifa non può conoscere i contratti di tutte le confederazioni».
Ce l’hanno con la Fifa?
«C’è un virus anti-Blatter da debellare. Comincia nell’Uefa e si estende agli inglesi. Il premier britannico era andato all’Ue per dire che non potevo essere presidente Fifa. Una speculazione politica. Platini avrebbe dovuto essere il mio successore naturale, ma non è andata così. Anche lui è stato attaccato dallo stesso virus. Nel ’98 l’Uefa era già preoccupata che volessi il Mondiale ogni due anni. Negli ultimi tempi si sono riuniti a Cipro per attaccarmi».
Che idea ha di Platini?
«Un uomo onesto. Un po’ primadonna. Ma non tutta l’Europa oggi lo appoggia, tanti sono con me e contro di lui. Lo spagnolo Villar mi è stato vicino».
La Bbc dice che un documento di Havelange la accusa di conoscere tutte le tangenti.
«L’Isl è già in prescrizione. Io ne sono uscito pulito».
Teme davvero la fuga degli sponsor?
«La Coca-Cola è con noi da 40 anni, l’Adidas anche, c’è un tale rapporto di fiducia che alcuni contratti scadono nel 2026. Sono leali alla Fifa e non c’è miglior piattaforma del calcio che parla a 6 miliardi di persone e ha 300 milioni di praticanti».
Ma la Fifa è in crisi come non mai.
«Non riesce ad andare avanti, non ha una direzione, non ha più gestione amministrativa. Oggi è alla deriva».
Cosa pensa dell’italo-svizzero Domenico Scala che guida le riforme?
«Non parliamo di lui per favore, è martedì, non “domenica”…».
E delle riforme?
«Gliene avevo parlato prima che diventasse il numero uno (alza gli occhi al cielo, ndr ). La cosa più importante era il controllo di integrità sull’Esecutivo ma proprio l’Uefa s’è opposta per non essere controllata dalla Fifa. Si preoccupano della durata del mandato, invece che delle persone giuste. E qualcuno dimentica che io ho creato il comitato etico. Che Uefa e Germania non ce l’hanno. Che il Cio ce l’ha ma non può sanzionare. Se i grandi non danno l’esempio ai piccoli…».
Orgoglioso di qualcosa?
«Non ho mai fatto una cosa di cui rimproverarmi dal punto di vista etico, giuridico o penale. Ma sono quasi riusciti a eliminarmi. Il 1° novembre sono stato ricoverato d’urgenza: se non fossi stato a Zurigo, adesso scrivereste l’epitaffio, non l’intervista. E gli effetti collaterali? Due impiegati Fifa hanno avuto seri problemi nervosi: c’è chi soffre per questa situazione. Anche la mia famiglia: ho una nipotina che subisce mobbing a scuola».
Rimpianti?
«Forse mi sono fidato troppo di alcune persone. Ero segretario e sono diventato presidente: quindi chi era il mio superiore è stato superato, ed è ancora lì. Magari non l’ha presa bene. E poi non ho ascoltato la famiglia che, dopo il Brasile, mi ha detto: “Fermati”».
Ha più parlato con Platini?
«No. Il 24 settembre, all’Esecutivo Fifa, siamo usciti come due amici ma la gente ci ha separato e da allora basta».
Si vede senza più il calcio?
«Mi dedicherò alla famiglia, ma non potrò dimenticare quello che è stato il calcio per 40 anni. I grandi incontrati, come Mandela. Il viaggio in Myanmar, quando nessuno andava. La gente mi vuole ancora bene per strada, la vita oggi va veloce e quelli che muoiono escono spesso dalla Storia. Ma io sarò ricordato».
Come?
«Per l’idea di un calcio universale, non europeo o sudamericano, che ho ereditato da Havelange. Per lo sviluppo nei Paesi poveri. Per aver reso la Fifa ricca con i diritti tv, permettendo di vedere tutte le partite. Per aver portato il Mondiale in Africa. In ospedale ho visto la morte e ho riflettuto sulla vita. Stupido perdere tempo per cose superficiali».
Vuole essere al Gala del Pallone d’oro?
«Sicuro! Credo nella giustizia. Ma non so chi vince tra Messi e Ronaldo».
E oggi?
«Ho tanto tempo, leggo giornali e libri di politica, mi informo sulla situazione mondiale. Sono preoccupato, il calcio non era mai stato attaccato dal terrorismo. E scriverò una piccola biografia».
Piccola?
«Mah, forse non tanto…».