Il Messaggero, 16 dicembre 2015
Phoenix, l’esoscheletro che da gennaio farà camminare i paraplegici
Finalmente. La vita, per i paraplegici, nel 2016 ricomincia da Phoenix. Dopo tre anni di lavoro per garantirne la produzione (un tempo breve data la complessità dell’iniziativa, finanziata dalla Regione Lazio) l’esoscheletro progettato dall’azienda romana Mes (Meccanica per l’elettronica e servomeccanismi) è una realtà e, da gennaio, come ha annunciato l’ingegnere Carlo Piscitelli amministratore delegato di Mes, sarà disponibile a tutti i pazienti che vorranno acquistarlo e potranno fruirne dopo un breve corso pratico di formazione presso un centro ospedaliero specializzato. La realizzazione di questa innovativa tecnologia applicata alla medicina è una grande vittoria dell’eccellenza italiana nella robotica, che si è avvalsa tra l’altro della collaborazione di università internazionali espressione delle più avanzate competenze mondiali. Nel settore della riabilitazione motoria è un’autentica rivoluzione. Per diversi aspetti.
IL PAZIENTENe dà un’idea profondamente umana e suggestiva un giovane mieloleso, Eugenio, che lo ha indossato nella presentazione ufficiale organizzata da Mes: «Adesso possiamo riabbracciare le persone a noi care, un gesto che avevamo purtroppo dimenticato, e guardare gli altri dritti negli occhi, non più dal basso verso l’alto», con una chiara allusione al fatto che l’esoscheletro permette al paziente di poter riacquistare la libertà di movimento in posizione verticale, abbandonando così la sedia a rotelle. Tutto è avvenuto con estrema semplicità perché, come ha sottolineato il dottor Franco Molteni, direttore del Dipartimento di riabilitazione dell’Ospedale Villa Beretta che ha assistito Eugenio durante il processo di recupero, «l’esoscheletro viene avvertito gradualmente dal malato come una parte della sua stessa persona». È una svolta senza precedenti nel rapporto tra malattia e tecnologia, che raggiunge così il non facile traguardo di una preziosa umanizzazione.
«Phoenix – spiega Carlo Jovine, primario neurologo dell’Ospedale San Giovanni Battista dell’Ordine di Malta e consulente scientifico del progetto – è una struttura di sostegno leggera, facile da indossare, sia esternamente che internamente agli indumenti degli arti inferiori. Le articolazioni delle anche e delle ginocchia sono permesse da motori elettrici alimentati da una batteria posta in uno zaino portato sulle spalle e controllati da un dispositivo computerizzato alloggiato anch’esso nello zaino. In questo modo il paziente può avere il controllo di tutte le funzioni della mobilità, mentre la stabilità è garantita da due bastoni canadesi».
I BAMBINIAl mondo, prima dell’esoscheletro romano, ne esistevano soltanto due, uno israeliano e un altro americano, che avevano un costo tre volte maggiore, più pesanti, utili per la riabilitazione ma poco idonei all’uso domestico e quotidiano. Ma non è detto che i meriti di Phoenix si fermino qui. Potrebbe, infatti, essere utile anche a pazienti che hanno subito un danno cerebrale, soprattutto nel caso di bambini che hanno avuto una paralisi cerebrale alla nascita e se ne avvantaggerebbero per il recupero motorio, al punto che la Mes sta già prendendo in considerazione anche la realizzazione di un esoscheletro pediatrico.
LA DIPENDENZACarlo Jovine pone l’accento sul radicale cambiamento che uno strumento come Phoenix può avere nella vita di un disabile in tutti i suoi aspetti, sia pratici che psicologici: «La condizione del paraplegico è molto penosa da ogni punto di vista e conduce a profonde depressioni. L’impotenza motoria gli crea una totale dipendenza dagli altri, dalla famiglia, dai medici, dagli assistenti. Il bisogno di protezione si accompagna a un senso di inferiorità, a una perdita di autostima, per non parlare dei problemi connessi al controllo di esigenze fisiologiche». E conclude con un affondo: «Il nome di Phoenix ha, per questo, un significato preciso. Non è stato scelto a caso. Si richiama all’uccello della mitologia che rinasce dalle proprie ceneri. È quello che l’esoscheletro deve permettere al paraplegico: rinascere, tornare a una piena autonomia e anche a un’attività lavorativa. Lo sviluppo della robotica può realizzare il miracolo». (per avere informazioni: esoscheletro@mesroma.it)