ItaliaOggi, 16 dicembre 2015
Ecco come se la passano i ristoranti italiani a Mosca senza mozzarelle
Con le sanzioni russe che hanno colpito i prodotti alimentari occidentali, tra cui le prelibatezze italiane, come se la passano i ristoratori del Belpaese in Russia? Se lo è chiesto il Moscow Times che in vista delle festività di fine anno ha fatto un viaggio tra gli chef italiani a Mosca. Menù ridotti, tentativi di sostituire alcuni prodotti, nuovi canali di importazione, ma c’è anche chi ha gettato la spugna e ha abbassato la saracinesca. Ovviamente non solo per le sanzioni e la relativa mancanza di prodotti italiani da poter cucinare, ma per il clima che è cambiato: fare affari è più difficile, i partner russi sono meno affidabili di un tempo e la crisi economica non ha certo aiutato.
È il caso dello chef Marco Cervetti, che dopo 11 anni di lavoro ha lasciato Mosca. Intervistato dal Moscow Times, lo chef italiano ha raccontato di un’antipatia crescente nei confronti di tutto ciò che è straniero. E la politica alimentare autarchica lanciata da Vladimir Putin avrà certamente contribuito a questo clima ostile. Cervetti si è detto dispiaciuto di lasciare la capitale russa. «Questa situazione non ha colpito solo me», ha dichiarato. «Otto o nove italiani su dieci che lavoravano a Mosca hanno ormai lasciato la città».
Un trend che viene confermato anche dalle parole di Pietro Rongoni, il patron della trattoria Pane & Olio, un punto di riferimento per chi, a Mosca, vuole provare un ottimo risotto. Lo chef ha raccontato al Moscow Times che anche alcuni suoi amici stanno pensando di ritornare in Italia, ma lui ha intenzione di tenere duro perché è innamorato della Russia. Tra gli ingredienti protagonisti della cucina di Rongoni c’era il parmigiano, poi altri formaggi italiani e il prosciutto. Con le sanzioni questi prodotti non si possono reperire, se non per vie illegali, e quindi tante ricette sono impossibili da preparare, specialmente per chi vuole rispettare la tradizione anche lontano dal suo paese.
Lo chef milanese ha dovuto così ridurre le proposte in menu del 30-40% e ha spiegato come le mozzarelle e le burrate che ora usa nel suo locale siano prodotte nel Caucaso. Niente a che vedere con le prelibatezze campane. «Per fortuna le sanzioni non riguardano riso e pasta, altrimenti sarebbe stata la fine della cucina italiana a Mosca», ha commentato Rongoni.
Cercare prodotti alternativi da inserire nel menu è un doppio problema: da una parte bisogna adattare le ricette, ma dall’altra bisogna stare attenti anche ai conti. I prezzi, infatti, non sempre sono paragonabili a quelli dei prodotti importati prima dall’Italia. Su pesce ed ortofrutta, per esempio, molti professionisti del settore si erano rivolti alla Turchia, ma dopo l’abbattimento del jet russo al confine con la Siria, Putin ha disposto sanzioni anche contro Ankara. Gli chef, conferma Valentino Bontempi, patron del ristorante Bontempi titolare della Pinzeria by Bontempi, sono molto preoccupati dall’aumento dei prezzi.
Un fenomeno che si accompagna al calo del potere di acquisto del rublo. I russi, specialmente a Mosca, continuano a uscire, a mangiare fuori, ma cala la frequenza e soprattutto la spesa media. A confermare questo trend c’è anche un recente report della Nielsen: a ottobre la percentuale dei moscoviti che durante l’anno in corso non si era ancora recata in un bar era il 49%, rispetto al 28% dello scorso anno.