il Giornale, 16 dicembre 2015
Tags : Banca Etruria • Maria Elena Boschi
Quella volta che il papà della Boschi andò in Honduras in cerca d’oro
Il miraggio dell’oro. Un business promettente, caldeggiato dagli amici degli amici. Un network di imprenditori e faccendieri che alla fine, operazione dopo operazione, ha spolpato la Banca Etruria. A luglio 2012 Pier Luigi Boschi e il presidente dell’istituto di credito Giuseppe Fornasari vanno in missione in Honduras. A chiamarli in Centramerica è Arnaldo Massini, ex direttore di filiale di banca a Perugia che si è inventato una seconda vita: è titolare di una società, la Aral, che a sua volta detiene il 22 per cento della GoldLake. E la Goldlake – come ha documentato Etruria News – opera nel campo dell’oro e dei metalli in Honduras. Banca Etruria ha costruito la sua reputazione sull’oro e in quello scivolosissimo 2012, fra finanziamenti avventati e vorticose manovre finanziarie, l’Honduras pare promettere bene. Lì ci sono le concessioni, 10.500 ettari nella parte centrale del Paese, e per questo il presidente e l’allora consigliere d’amministrazione volano in America.
Oggi quella spedizione diventa uno dei tanti capitoli su cui accendere i riflettori: che affidabilità aveva la GoldLake? Non è chiaro, al momento, cosa sia successo a parte alcuni incontri con personalità di altissimo livello, come il cardinale Maradiaga, una delle figure di punta della Chiesa di Papa Francesco. Ma certo si entra in una cerchia ristretta di personaggi che con la banca avevano rapporti privilegiati. Non si sa se alla società sia stata concessa una linea di credito, ma è certo che la banca sia andata incontro al disastro in un incrocio di finanziamenti sballati alle attività più disparate: dal fotovoltaico all’immobiliare.La quota di maggioranza di Goldlake Group è detenuta da Gold Holding che fa capo alla famiglia di Franco Colaiacovo, imprenditore importante e stimato, fondatore di Colacem, una delle più rilevanti società italiane nel settore del cemento. Ma la variegata famiglia Colaiacovo sembra avere più di un punto di contatto con Banca Etruria. E Etruria si muove, per quel che si capisce, con la consueta, disarmante disinvoltura. Prende l’ennesimo abbaglio e si butta a capofitto nel giro del fotovoltaico puntando sulla Ecosuntek di Matteo Minelli, produttore di birra nelle grazie di Renzi. La Ecosuntek – nel cui cda sedeva anche la signora Maria Giovanna Basile, moglie dell’ex predente dell’Inps Antonio Mastrapasqua – va in Borsa e riceve una robusta iniezione di denaro, a quanto sembra nell’ordine dei 7-8 milioni. Poi qualcosa va storto, gli affari non decollano, la Ecosuntek cede a Ubaldo Colaiacovo uno degli impianti, le Fontanelle, senza nemmeno una perizia.
Siamo dentro un groviglio di relazioni e di affari andati di male in peggio, fino a far crollare la banca di Arezzo come un castello di carte. Davvero si può sostenere che Boschi senior abbia solo subito queste avventurose speculazioni prima di raggiungere la vicepresidenza e tentare di salvare il salvabile? È una domanda lecita che troverà risposta nelle carte e nell’inchiesta.
Un fatto è certo. Gli obbligazionisti, l’ultima ruota del carro, sentono suonare la campanella del pericolo il 23 dicembre 2013. Anzi probabilmente non sentono nulla, perché il comunicato viene diffuso nel marasma delle feste di Natale: «Gli investitori che hanno già concordato di sottoscrivere strumenti finanziari... hanno il diritto di esercitare la revoca della sottoscrizione entro due giorni lavorativi dopo tale data di pubblicazione». Due giorni e non di più. È facile pensare che molti obbligazionisti non abbiano nemmeno fatto in tempo a leggere il messaggio.