Libero, 16 dicembre 2015
Tags : Monte dei Paschi di Siena
Con Mps il governo sta perdendo 100 milioni (nostri)
Ma quanti dolori dalle banche della Toscana. Che dispiacere per l’ex sindaco di Firenze vedere che, in questo momento, alcuni dei suoi problemi più gravi arrivano proprio dal mondo del credito della sua Regione...
Perché non c’è solo Banca Etruria ad avvelenare le giornate del premier e del ministro del Tesoro. All’orizzonte si vedono grandi nuvoloni addensarsi sul cielo di Siena. La città che, secondo Dante, è abitata dai «falsi fabbricatori di qualunque cosa». Un verso che suona quasi come una profezia anche se scritto due secoli prima della nascita di Montepaschi, i cui amministratori all’alba del terzo millennio si sono rivelati piuttosto bravini nella costruzione di bilanci fasulli. Il conto di questa perversione, però, rischia ora di ricadere sui contribuenti. E Renzi deve proprio stare attento che non accada: il fallimento di CariChieti, Banca Etruria, CariFerrara e Banca Marche è stato messo sul groppone dei risparmiatori. Figuriamoci cosa potrebbe succedere se un centesimo di perdita riferito a Mps pesasse sulle casse dello Stato. Per la narrazione del premier, sempre tessuta di fili d’oro e di speranza, sarebbe uno strappo sanguinoso. La fine di una favola.
Fino a questo momento Renzi ha sempre raccontato di aver messo i soldi nelle tasche degli italiani: dagli ottanta euro per i redditi bassi ai 500 per i ragazzi di diciotto anni. Non è proprio così ma la storiella fino a questo momento, bene o male, è stata in piedi. Una sottrazione legata a Montepaschi, la banca rossa per eccellenza, sarebbe l’inizio della rottamazione. Il pericolo non è imminente. Ma nemmeno tanto lontano. Accade, infatti, che oggi lo Stato è grande azionista, probabilmente il più importante di tutti, del Montepaschi perché possiede una quota del 4%.
È il risultato finale della manovra di sostegno pubblico a vantaggio del Montepaschi. Un prestito da quattro miliardi che Siena ha restituito grazie anche a due aumenti di capitale da otto miliardi. Sono rimasti fuori dal conto gli interessi sull’ultima tranche. A Siena hanno preferito non rimborsare per non privarsi di una preziosa liquidità. E scattata così la clausola di salvaguardia: il Tesoro ha ottenuto poco più di 117 milioni di azioni a fronte di un credito residuo di 240 milioni. Facendo una semplice divisione viene fuori che ogni azione Mps costa a Padoan circa 2,06 euro. Un valore che, visti i prezzi di questi giorni appare stratosferico.
La quotazione negli ultimi giorni è precipitata sotto la soglia di 1,20 euro. Insomma in questo momento nelle casse del Tesoro c’è un buco di cento milioni. Considerata l’ampiezza del bilancio dello Stato non è nemmeno una perdita scandalosa. Lo diventa, però, alla luce di quanto accaduto a Banca Etruria e negli altri istituti falliti. I risparmiatori penalizzati non la prenderebbero bene. Ma nemmeno i contribuenti coinvolti, senza nessna volontà, nella partita di Mps, la banca rossa per eccellenza. Se dovesse andare in malora, il Tesoro perderebbe l’intero investimento in base alle leggi che il governo ha appena approvato. Il costo verrebbe sopportato dal fisco. Intollerabile. Comunque, per il momento non è il caso di allarmarsi. E non solo perché ieri le azioni Mps sono salite del 6,3% a 1,22 euro. Più importante la considerazione che a carico dello Stato non esiste obbligo di vendere. Casomai il contrario: fino al 31 dicembre non può proprio farlo. Si chiama lock up, come se ci fosse un lucchetto.
Con il nuovo anno si vedrà. Comunque non si può mai sapere. Dal 1° gennaio Padoan e Renzi saranno costretti a gettare un’occhiata un po’ meno distratta del solito al listino di Piazza Affari. Sulla quotazione di Mps rischia di giocarsi un pezzo non trascurabile della loro carriera politica. Se dovessero aver ragione gli analisti che stimano una quotazione di 3,4 euro sarebbe perfetto. Magnifico investimento. Grande operazione finanziaria. Ma se andasse male? Al governo preferiscono non pensarci. Bastano già i mal di testa di Maria Elena Boschi.