La Stampa, 16 dicembre 2015
Arrestato un uomo che vendeva documenti falsi a chi non poteva entrare allo stadio. Guadagnava anche settemila euro a partita
Lui lo chiama «business», rispondendo alle domande del giudice. Un buon business. «Per ogni partita ci faccio su tanti soldi. Per quella contro la Fiorentina, anche 7 mila euro». Come? Falsificando i documenti per fare entrare allo stadio chi non ha trovato il biglietto. Anche chi, sugli spalti, non ci dovrebbe proprio andare. Parla così Bryan Herdocia, 37 anni, all’udienza di convalida di ieri mattina, a Torino. Il giudice ha confermato il suo arresto e quello degli altri tre ultras bianconeri, fermati domenica sera dalla polizia stradale e dagli agenti della Digos di Torino con l’accusa di porto abusivo d’armi e documenti falsi. L’altro giorno gliene sono stati trovati una sessantina.
«Lo squalo» dello Juventus club La Spezia, come lui stesso si fa chiamare, resta in carcere. Perché è su di lui che si concentrano le indagini, non solo sul suo giro d’affari ma per il possesso illegale di due pistole e i relativi proiettili. Originario del Costarica, commerciante di frutta e verdura e tifoso sfegatato. Diventato punto di riferimento del suo club dal 2011, quando lo Juventus Stadium ha preso il posto del vecchio Delle Alpi. Lui che alle partite di calcio non può nemmeno avvicinarsi – il questore di Bergamo gli ha inflitto un Daspo di quattro anni per i disordini scoppiati nel maggio 2013, durante la trasferta contro l’Atalanta – garantiva a chiunque l’accesso alle partite, facendosi pubblicità sulle chat WhatsApp e sul suo profilo Facebook. Quelle pistole? «Mi servono per difesa personale. Facendo questo mestiere, capita di trovarsi in brutte situazioni. Me le ero portate dietro per intimorire, non per ferire. Quando torno a casa, ho con me tanti soldi». Quelle armi, mai denunciate, Bryan le aveva ereditate dai parenti, così come le munizioni, nascoste nell’abitacolo. Domenica scorsa, lui e altri tre ultras erano stati fermati dalla polizia prima che potessero raggiungere la tangenziale di Torino, dopo aver rotto un finestrino di un pullman di tifosi viola.
«È vero, sono stato sempre io a lanciare quella pietra – ha confessato in tribunale – Mentre sorpassavo il bus, ho abbassato il finestrino di destra e ho fatto accucciare il passeggero per tirarla. Ho giocato tanti anni a baseball: è stato davvero un buon tiro». Prima di quel gesto, i quattro avevano incrociato la comitiva in un’area di servizio sull’A26. «Loro erano in cinquanta e hanno iniziato a insultarci. Ci diffamavano, allora ho tirato fuori dalla macchina una mazza, ma solo per spaventarli». Le ammissioni hanno scagionato i suoi compagni di viaggio, ignari delle pistole e delle carte d’identità contraffatte che lui aveva con sè, nascoste nell’abitacolo del Suv. Carmine Barbera, Giampaolo Guerri e Felicina Bribiglia, sono stati rimessi in libertà. Adesso il fascicolo sarà trasferito per competenza alla procura di La Spezia, dove «lo squalo» vive e lavora.