Corriere della Sera, 16 dicembre 2015
C’è un baule pieno di partiture inedite di Verdi. Ma gli eredi del Maestro litigano e nessuno può vederle
La denuncia è inevitabile. Gli abbozzi e gli schizzi inediti di Giuseppe Verdi sono inaccessibili per l’ostinazione degli eredi, che non permettono agli studiosi di consultare gli originali conservati nella Villa di Sant’Agata. In giugno uscì su Classic Voice un dettagliato servizio di Mauro Balestrazzi che ricostruiva l’affaire dei materiali inespugnabili di Verdi e i conflitti tra i quattro eredi (Maria Mercedes, Ludovica, Angiolo e Emanuela Carrara Verdi): una causa aperta da 14 anni che condiziona il destino dell’enorme patrimonio. Ora però è uno dei massimi filologi musicali a rilanciare l’allarme, dopo un primo appello caduto nel vuoto: si tratta di Fabrizio Della Seta, professore a Cremona, il quale per studiare Un ballo in maschera ha chiesto sei mesi fa di poter consultare gli originali. Senza ottenere risposta. Va ricordato che nel 2008 l’intero fondo è stato dichiarato di interesse pubblico: il che ne permette la consultazione previa richiesta alla Soprintendenza e appuntamento con l’attuale proprietario della Villa, ovvero Angiolo Carrara Verdi. Alla prima lettera è seguita, in ottobre, una seconda richiesta. Niente da fare, silenzio. In realtà negli Anni 90 il capo della famiglia, Alberto, aprì sezioni importanti del fondo (lo stesso Della Seta nel 2000 ha potuto studiare gli schizzi della Traviata, curando l’edizione critica della partitura). Con la morte di Alberto, avvenuta nel 2001, le porte si sono richiuse.
Dunque? Il paradosso è che, in seguito alle diffidenze e alle beghe familiari, rimane invisibile il tesoro di uno dei maggiori compositori italiani: un archivio che contiene 5.252 pagine di schizzi musicali, prime stesure e abbozzi, in gran parte mai analizzati, che permetterebbero di ricostruire il processo creativo di ben 12 opere, dalla Luisa Miller al Falstaff (testimoniato da ben 900 pagine preparatorie). Nel testamento del 14 maggio 1900 il Maestro aveva nominato erede universale Maria Filomena, la nipote adottata nel 1868: oltre alla casa e al parco, il patrimonio comprendeva manoscritti, lettere e libri cui ebbero accesso pochi studiosi eminenti. Gli abbozzi erano riposti in un imprecisato baule senza un ordine preciso, e sarebbe stata la nipote di Maria, Gabriella (professione notaio), a farne una classificazione non scientificamente affidabile. Da allora fa fede quell’inventario. Infatti, nel 2008 due funzionarie regionali, chiamate a redigere un catalogo dei beni verdiani, hanno potuto visionare ogni oggetto della Villa tranne i misteriosi manoscritti musicali: dunque si sono limitate a riprodurre, sulla fiducia, il catalogo preesistente.
Rimane un enigma dove si trovi il «luogo sicuro» in cui vengono custodite le carte, ammesso che si tratti davvero di luogo sicuro. Al sospetto, insinuato qualche tempo fa, che la collezione avesse preso la strada per la Svizzera, ha risposto il «custode» Angiolo negando il trasferimento. Fatto sta che la mancanza di un elenco affidabile impedisce allo Stato di esercitare il proprio legittimo controllo lasciando aperto l’interrogativo su eventuali furti o sparizioni passati e futuri. Esponendo così il patrimonio a pericolose sottrazioni. Il peggio è che se la lite familiare non si comporrà in tempi ragionevoli, l’eredità di Verdi correrà il pericolo di essere messa all’asta. Nulla di ciò accade per le carte di Bach, Beethoven, Wagner, Debussy che in buona parte sono disponibili on line. Come, del resto, quelle del più fortunato Rossini. Casi in cui il sacrosanto diritto alla proprietà privata non si oppone al sacrosanto diritto pubblico di tutelare e conoscere un patrimonio della cultura universale.