la Repubblica, 16 dicembre 2015
Mohammed Bin Salman, il principe della svolta saudita
Per capire quanto sia cambiata l’Arabia Saudita negli ultimi mesi occorre sfogliare per qualche giorno i giornali locali. Protagonista incontrastato delle cronache è un principe trentenne di cui, due anni fa, pochi nelle cancellerie occidentali conoscevano il nome e da cui oggi si fa la fila per essere ricevuti: Mohammed Bin Salman, 30 anni, è il più giovane fra i figli dell’attuale re, Salman. E, con un azzardato colpo di teatro che ha stupito il mondo, da aprile è il vice-erede al trono dopo il cugino 56enne Mohammed Bin Nayef, temutissimo e rispettatissimo ministro dell’Interno. Nel giro di pochi mesi MBS, come lo chiamano i sauditi, è passato dal quasi anonimato al ruolo di uomo più potente del regno dopo suo padre. Nelle sue mani sono riuniti i titoli di ministro della Difesa, capo della Corte reale (l’uomo che controlla l’accesso al sovrano) e di responsabile delle politiche economiche e giovanili, portafoglio fondamentale in un paese dove due terzi della popolazione ha meno di 30 anni e che a causa del crollo del prezzo del petrolio vive una grave crisi economica. Mohammed Bin Salman non ha perso tempo per dimostrare che con lui le cose sono radicalmente diverse dal passato: e la rarissima (per gli standard sauditi) conferenza stampa con cui fa ha annunciato la creazione della coalizione contro il terrorismo ne è l’ultima dimostrazione. A poche settimane dal suo insediamento ha impresso una svolta radicale alla tradizionale politica estera del regno, lanciando un attacco sullo Yemen che gli ha attirato le critiche aspre delle organizzazioni per i diritti umani e quelle più discrete di molte cancellerie occidentali (è di pochi giorni fa il rapporto con cui i servizi segreti tedeschi definivano le sue scelte «azzardate»). Sfidando chi lo voleva digiuno di affari internazionali (è uno dei pochi fra i principi sauditi ad essere stato educato solo in patria) è volato a Washington e Mosca per incontrare Barack Obama e Vladimir Putin e perorare la posizione saudita sulla crisi siriana. E si è presentato alla stampa internazionale come il volto di un paese pronto ad essere aperto e moderno: «Un governo che non rappresenta la società non potrà durare a lungo», ha detto al New York Times. Tanto attivismo e la scarsa esperienza, temono in molti, potrebbero portarlo a scontrarsi con il cugino erede al trono, in una guerra per il controllo del potere che avrebbe ripercussioni ben oltre i confini sauditi. Ma non tutti ne sono certi: «È troppo scaltro per un azzardo simile. Ha solo 30 anni e ha capito che è meglio sbagliare da erede al trono che da re. Saprà aspettare, ma il suo tempo verrà, non dubitatene», dice una ben informata fonte saudita.