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 2015  dicembre 16 Mercoledì calendario

A Chiusi, su tremila abitanti, in 160 hanno perso i risparmi affidati a Banca Etruria

Chiusi della Verna (Arezzo) «Speculatori? Ma non scherziamo. Quelli che hanno truffato qui a Chiusi erano semplici risparmiatori che avevano messo da parte i sacrifici di una vita. E vederli sparire dalla sera alla mattina è stato molto duro. Vero Patrizia?». Giuseppe Bernacchi, ex sindaco del paesino a pochi passi dall’eremo dove San Francesco ricevette le stimmate, si volta verso la signora delle pulizie dell’albergo Villa Letizia. Lei getta via strofinaccio e spazzolone e agita le mani giunte: «Fino al venerdì, in banca, ci dicevano: non c’è da preoccuparsi, tutto bene. E il lunedì i soldi non c’erano più. Adesso ci dicono che erano investimenti a rischio. Nella seconda pagina del contratto c’è scritto solo “sub”. Ma secondo lei potevamo capire? Noi ci si è fidati di... Non mi faccia dire».
Fanno tutti così a Chiusi, paese record con il più alto numero percentuale di danneggiati dalla Banca Etruria. In 160, su circa 3.000 abitanti, hanno visto evaporare in una notte titoli e sicurezze per il futuro. E tacciono o negano. Per non aggiungere all’angoscia la vergogna. Mara Gabiccini, no. Quarantadue anni, sposata, una figlia e un lavoro stagionale da cameriera: «So’ loro che si devono vergognare che han fregato anziani di 80 e pure 90 anni. Non noi. A me ha chiamato a casa il direttore della banca. Per noi è una figura importante, come il medico, il farmacista. Ci si fida. Io avevo un terzo di una casetta del mio babbo che avevamo venduto e avevo sul conto 26 mila euro. È lui che mi ha detto mettili qui i soldi, in queste obbligazioni». Ora vi accusano di aver accettato il rischio per guadagnare di più. È così? «Macché. Gli ho chiesto se in ogni momento avrei potuto prenderli. Lui mi ha detto di sì. E che al massimo nel 2023 avrei riavuto i miei soldi. A febbraio, quando già si diceva che la banca andasse male, mi ha ridetto: non c’è problema. Non sapevamo niente». La doccia fredda è arrivata martedì mattina: «Mi ha chiamato e ha detto: quei titoli sono azzerati. Manca poco svenissi. Pensavo uno scherzo. Allo sportello ho trovato altri come me. Da allora non si dorme più. Al mi’ babbo, di 80 anni, hanno fregato 45 mila euro. Adesso sento dire che ci daranno un aiuto umanitario. Ma che umanitario? Ci han cavato i soldi, mica abbiamo avuto il terremoto».
Enrichetta Loddi sistema i surgelati nel freezer e si lascia andare all’amarezza: «Prima ci hanno truffato. E adesso siamo diventati la loro barzelletta. Ci fanno passare da stupidi. Ignoranti sì, perché io ho un negozio di alimentari, non sono un’economista, ma stupida no. Siamo solo onesti e ci siamo fidati che lo fossero anche loro». Molti parlano di «piano studiato a tavolino perché all’indomani del decreto erano già cambiati i direttori di filiale». Il sindaco, Giampaolo Tellini, del Pd, guida la protesta e il 18 farà un’assemblea cittadina: «Che posso fare? Il danno c’è stato. Ci si sente come chi è stato derubato dai parenti».
È al bar Bellavista, in cima al paese a fianco dello sportello della banca, che l’amarezza si stempera in un continuo sfottò. «E dillo quanti soldi ci hai rimesso. No? Ma se ce l’hai tutti sulle penne», scherzano tre pensionati, rivolti al proprietario, Gilberto Gabelli. «Io solo azioni, son loro che hanno perso. Guardi quel randello», dice il barista. Bruno Ridolfi, per tutti in paese «Gnacche», ride e fa vedere la scritta incisa sul bastone: Banca Etruria. E racconta: «Ti chiamavano a casa. Ti dicevano: c’è questa bella opportunità. Perché nun ne approfitti? C’era l’opportunità: di perdere tutto! Meriterebbero questo randello».