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 2015  dicembre 16 Mercoledì calendario

La riforma del credito cooperativo sul modello del Crédit Agricole, la terza banca francese

«Le banche vanno accorpate e lo faremo a partire dalle banche di credito cooperativo». Il presidente del consiglio, Matteo Renzi, è tornato a parlare di riforma delle Bcc, come ormai fa sempre più spesso, e ha spiegato anche come la immagina: «Vorrei che ci fosse un gruppo bancario delle Bcc sul modello del Crédit Agricole, che è la terza banca francese». Per il premier infatti «ci sono troppi direttori generali e troppi consulenti: è arrivato il momento di dire che ci sono stati troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri».
Parole che molti hanno interpretato come una decisa accelerazione, sulla strada del decreto legge di riforma del credito cooperativo. A questo punto, spiegano fonti vicine al dossier, si attende a stretto giro il provvedimento. Magari prima di Natale sarà difficile (ma non impossibile, aggiungono) però sicuramente il decreto legge arriverà in una data non troppo lontana da quella. Altrettanto tracciata la linea d’azione: a leggere le parole di Renzi sembra si vada verso un gruppo unitario. In più occasioni Bankitalia aveva sottolineato come fosse più prudente – da un punto di vista legislativo adottare una soluzione in cui la capogruppo delle Bcc avesse soglie di capitale non troppo elevate, insomma che non ci fossero barriere formali alla nascita di più capogruppo. Anche se l’idea di un gruppo unico, se venisse poi adottata in autonomia dalle Bcc, non sarebbe avversata da Via Nazionale: Bankitalia ha più volte sottolineato che l’importante è varare una riforma del settore.
E quella delle Bcc cova da tempo, da quando è stata varata la riforma delle popolari, mentre alle banche di credito cooperativo è stato concesso di scriversi da soli la riforma, che poi il governo avrebbe tradotto il legge. Da allora è successo che le Bcc hanno più volte litigato sul modello da proporre ma comunque un testo di autoriforma è stato consegnato al Mef nell’estate scorsa da Federcasse, l’associazione di categoria delle Bcc (su cui però non tutte le realtà locali convergono).
A questo punto l’accelerazione d’imperio, impressa da Renzi. Che anche ieri è tornato a parlare di “modello Crédit Agricole”, in effetti un po’ diverso da quello tratteggiato dal progetto di autoriforma. «Credo che sia un po’ una semplificazione, mi stupirei se il decreto si discostasse dalla nostra proposta», spiega Alessandro Azzi, presidente di Federcasse. Tuttavia non è escluso che Renzi abbia in testa uno schema un po’ diverso da quello avanzato da Federcasse, che vede una capogruppo (possibilmente unica) in forma di Spa, cui aderiscono con un “patto di coesione” (un contratto) le varie Bcc, che godono di autonomie crescenti a seconda del grado di salute dei conti.
Ma se i dettagli sono ancora sfumati, il concetto è chiaro: Renzi intende accorpare e rafforzare il sistema bancario (cosa che finora, in realtà, non è ancora successo nemmeno con le popolari). «Non sta scritto da nessuna parte che il credito debba essere appannaggio di pochi grandi banchieri», ha ribattuto ieri Azzi. Ma se lo stesso Renzi ha sottolineato che «il sistema bancario è molto più solido di quanto raccontino» e che Intesa «è molto più forte di Deutsche Bank», a questo punto è necessario procedere con le aggregazioni. Un approccio che non può non essere riportato alla grave crisi delle quattro banche, che hanno bruciato i risparmi di azionisti e titolari di bond subordinati. «Non mescoliamo un intervento strutturale con problematiche di altre banche, che Bcc non sono», puntualizza Azzi. Ma probabilmente proprio quella crisi spinge a correre ai ripari preventivamente, prima che ce ne sia davvero bisogno, rafforzando il sistema.