la Repubblica, 16 dicembre 2015
Tags : Salvataggio delle quattro banche
La campagna di educazione finanziaria per spiegare cosa succede se la banca fa crac
Una campagna per spiegare agli italiani cosa succede da qui in avanti se la banca fa crac. A colpi di spot, video, grafici animati su radio, tv, internet. E ovviamente sui social, con tanto di hashtag dedicato. Il ministero dell’Economia ci lavora in queste ore di fibrillazione, con Palazzo Chigi e Bankitalia. E punta ad andare in onda tra i brindisi di Capodanno, quando le norme del “bail in” saranno pienamente operative e i correntisti sopra i 100 mila euro si esporranno a rischio perdite, assieme ad azionisti e titolari di bond. «Se c’è una lezione che stiamo imparando è il digiuno finanziario dei risparmiatori», spiegano dal Mef. «Com’è possibile che si investa tutto il proprio gruzzolo in un prodotto solo?». Vero, ma com’è possibile che nessuno si fosse accorto di questo andazzo? A Palazzo Chigi il cruccio è tutto qui. «Qualcosa non ha funzionato, è evidente», ripetono i collaboratori del premier. Sotto la lente finisce così la vigilanza – Bankitalia, Consob e Isvap – e l’intero sistema di sorveglianza sugli istituti di credito e i loro prodotti, male o poco integrato. E che forse ha favorito qualche sovrapposizione o confusione di troppo. Oltre allo scaricabarile delle ultime settimane. Consob contro governo e Bankitalia. Bankitalia contro Commissione europea.
Un rimpallo che Renzi ha gradito poco. Al punto da pensare di metter ordine alle regole. Certo non subito. «Nulla di più sbagliato che fare le cose in fretta per accontentare i commentatori, ma gettare nel panico la gente», spiegano da Palazzo Chigi. «Lavoriamo con calma e ragionevolezza. I tempi non saranno immediati». Tanto più che un sondaggio riservato voluto da Renzi, dice che per il 70% degli italiani la colpa è di banche e vigilanza. «Ma Bankitalia agisce nel quadro europeo», frenano dal Tesoro. «Ci chiediamo pure se sia plausibile o meno vietare per legge la vendita ai risparmiatori delle obbligazioni subordinate che negli altri paesi europei c’è».
Prima bisogna capire però se ci sono responsabilità individuali o collettive. Bene dunque la commissione d’inchiesta, «purché sia efficace e rapida», ripetono i consiglieri del premier. Prima esigenza: «Il Parlamento garantisca tempi stretti». Seconda esigenza: «Basta con la cacofonia perché amplifica l’allarme, nutre un senso di sconcerto comprensibile, ma pericoloso. La linea da dare al Paese deve essere una sola».
Si inquadrano così le affermazioni alla radio del ministro Pier Carlo Padoan: «Le istituzioni sono solidali e forti. Piena fiducia a Bankitalia e Consob. L’attività di vigilanza come sistema non è messa in discussione». Anzi, vanno semmai verificate eventuali «responsabilità individuali», perché «non si può imbrattare la solidità del sistema istituzionale con lo scaricabarile». Più chiaro di così.
I magistrati sono già al lavoro, del resto. Sono spuntati i primi indagati a Banca Etruria. E giusto ieri i consumatori del Codacons, in un esposto alla Procura di Arezzo proprio su Etruria, chiamano in causa il management interno e, appunto, gli organi di vigilanza. Da loro arrivano due prese di posizione. La prima è di Stefano De Polis, direttore dell’unità di risoluzione e gestione della crisi della Banca d’Italia, che sottolinea certi «tratti di durezza» delle nuove norme sul cosiddetto “bail in”, in vigore da gennaio. «Bisogna trovare delle alternative». La seconda è di Roberto Nicastro, presidente delle quattro good bank, che parla proprio di coloro che hanno visto svanire i propri risparmi dopo il decreto Salva-Banche: «È un fenomeno acuto ma fortunatamente molto più circoscritto» rispetto ai timori iniziali. Vi sono solo «un migliaio di casi molto delicati», a cui è dedicata la «massima attenzione».
E infatti, secondo i dati elaborati da Nicastro e fatti propri dal Tesoro, gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche salvate sono l’1% del totale dei clienti, cioè 10.559 individui su un milione. Di questi, quelli che probabilmente hanno perso tutto, perché mal consigliati sono solo 1.010 per un totale di 27,4 milioni. In fascia media, ovvero con poca diversificazione del portafoglio, vi sono 1.484 risparmiatori per 93,4 milioni. Il resto ha investimenti più variegati. Questi i numeri. Ma più in generale, secondo la Banca d’Italia, ci vorrebbe una legge che vieti la vendita dei bond subordinati, già definiti «inadatti» dalla Ue ai semplici risparmiatori, lasciandoli ai solo agli investitori istituzionali. Questa legge è stata sollecitata ben prima che scattasse il caso delle quattro banche. Due volte negli ultimi mesi dal governatore Ignazio Visco. Prima in Parlamento, lo scorso 22 aprile: «La clientela, specie quella meno in grado di selezionare correttamente i rischi, va resa pienamente consapevole del fatto che potrebbe dover contribuire al risanamento di una banca». E poi in luglio all’Abi: «Gli strumenti più rischiosi dovrebbero essere esplicitamente riservati a investitori istituzionali».
Una proposta tutta da vagliare. Senza fretta, ripetono da Palazzo Chigi. Nel frattempo, un po’ di educazione finanziaria a reti unificate.