Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 16 Mercoledì calendario

Il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione di sfiducia contro il ministro Boschi, mozione che dovrebbe essere discussa dalla Camera prima di Natale

Il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione di sfiducia contro il ministro Boschi, mozione che dovrebbe essere discussa dalla Camera prima di Natale. Salvini, stando a quello che ha detto ieri durante la trasmissione La zanzara, intende presentare anche lui una mozione di sfiducia. Però non alla sola Boschi, ma all’intero governo Renzi, non si sa se alla Camera o al Senato e sempre a causa del decreto legge con cui il governo ha salvato Banca Etruria, Banca delle Marche e le casse di risparmio di Chieti e Ferrara. Dentro Forza Italia vorrebbe seguire le orme di Salvini anche Renato Brunetta. Ma i berlusconiani, e il centro-destra in genere, sul punto sono divisi. D’altra parte, quando si trattò di votare il famoso, o famigerato, decreto che salvava le quattro banche e metteva nei guai diecimila possessori di obbligazioni subordinate delle medesime, Forza Italia votò a favore insieme con il Pd, mentre le Lega si astenne, cioè in definitiva non diede battaglia sul punto. Quanto al M5S, c’è chi dice che la mossa di presentare una mozione di sfiducia sia una finta: alla Camera, la Boschi non corre nessun rischio, data la preponderanza di deputati democratici (e la minoranza del Pd su questa storia non sembra intenzionata a scatenarsi). Come mai i grillini non hanno deciso di dar battaglia al Senato? «Perché se avessimo presentato la mozione al Senato, non si sarebbe potuto discuterla subito, avremmo dovuto aspettare l’8 gennaio». Sfruttare dunque l’eco mediatica risulta, in questa logica, più importante che far pagare alla ministra le sue eventuali responsabilità.

Ma queste responsabilità alla fine ci sono?
Il primo a parlare di «enorme conflitto di interessi» è stato Roberto Saviano. Siccome il padre della Boschi, Pierluigi, è da anni consigliere di Banca Etruria, di cui è anche azionista, e nel maggio 2014 (la figlia era da poco stata nominata ministro) venne pure nominato vicepresidente, si suppone che il governo, con il suo decreto, abbia favorito la banca, considerata di famiglia perché impiegava anche il fratello della ministra, Emanuele. Il ragionamento di Saviano, a legger bene il suo articolo, non entra troppo nei dettagli della vicenda, ma si indigna perché se al posto della Boschi e di suo padre ci fossero stati Berlusconi e un suo parente, l’opposizione avrebbe scatenato una tempesta senza pari. Trattandosi invece di Renzi e di una delle sue ministre più importanti, se ne stanno tutti buoni, si lamenta lo scrittore. Non è che sia un grande argomentare, ma, insomma, teniamoci la bordata per quello che è.   • È plausibile che il decreto salva-banche sia stato concepito anche con l’intento di salvare i Boschi?
Penso di no. Il decreto che ha fatto pagare ad azionisti e detentori di obbligazioni secondarie il default delle quattro banche  ha evitato il fallimento dei quattro istituti. Non ricorrere alla decretazione d’urgenza avrebbe significato approvare la legge nel 2016 e ricadere sotto una normativa europea molto più severa, che avrebbe imposto la tosatura anche di tutti i depositi nella parte eccedente i centomila euro. Stando fermi, le banche sarebbero fallite e si sarebbero persi, oltre al resto, anche settemila posti di lavoro.  

Quali sono le responsabilità del padre della Boschi?
La Banca d’Italia ha commissariato Banca Etruria nel febbraio di quest’anno, comminando all’intero consiglio d’amministrazione una multa di 2,5 milioni di euro per «carenza di organizzazione e controlli interni, carenza di gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse o inesatte segnalazioni». La parte di questa multa toccata personalmente a Pierluigi Boschi è pari a 144 mila euro. Quindi, esiste una responsabilità accertata del padre nella mala gestione, di cui però sarebbe strano accusare anche la Boschi. La ministra casomai dovrebbe rispondere - politicamente - del fatto che nel 2014 non fece sapere nulla della posizione patrimoniale dei suoi parenti, così come imposto dalle norme sulla trasparenza dei membri del governo. La famiglia, fu la giustificazione, non aveva dato il permesso. E non era obbligata, sia chiaro. Ma la cosa oggi risulta scomoda.  

Nonostante tutto, ci sono altri sospetti su questo Pierluigi Boschi.
Il sospetto principale riguarda i fidi, cioè i prestiti che Banca Etruria concedeva con estrema facilità ai propri amministratori. La Banca d’Italia ha accertato che i finanziamenti ai consiglieri ammontano in totale a 185 milioni e riguardano - al 30 settembre 2014 - 198 posizioni, cioè si tratta, mediamente, di una decina di fidi a consigliere. Ora il padre della Boschi è presidente di tre società (agricole e coop), e poi è vicepresidente in altre due aziende, ed è consigliere in altre sette realtà, dal Consorzio Vino Chianti alla Società Immobiliare Casa Bianca fino al Progetto Toscana Srl, per un totale di dodici poltrone. Nessuna di queste società ha attinto a qualche prestito di comodo da Banca Etruria? Prestito che, come sembra scontato, non sarà mai restituito?  

Resta che, se anche il padre avesse tutte le colpe di questo mondo, non sarebbe giusto farle pagare alla figlia.
Così è o dovrebbe essere. Con la Boschi come con Berlusconi. Ma la politica ragiona in un altro modo.