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 2015  dicembre 13 Domenica calendario

Dal 2008 i suicidi in Italia aumentano anno dopo anno, ma dal 2012 l’Istat non dice più il perché

Aveva 54 anni, una moglie, due figli, faceva l’idraulico e aveva una casa a Valera Fratta, vicino Lodi. In realtà, la casa gliel’avevano venduta all’asta a settembre e lui, venerdì, s’è impiccato chiedendo un’ultima cosa all’ufficiale giudiziario: che la sua famiglia potesse fare l’ultimo Natale a casa.
È l’ennesimo suicidio da crisi economica e fa il paio con quello del risparmiatore di Civitavecchia che non ha retto l’umiliazione di essere stato raggirato dalla sua banca. Una realtà, quella di chi si uccide per la crisi, di cui però conosciamo solo la cronaca: il fenomeno è in aumento oppure si tratta, cinicamente, della quota fisiologica di dolore che la vita impone agli esseri umani? Una risposta scientifica al momento non c’è: Istat dal 2012 ha deciso di non indicare più le cause dei suicidi nei suoi report e non ha più prodotto uno studio sull’argomento come “I suicidi in Italia”, che si fermava al 2009: le fonti di polizia o giudiziarie – sostenne l’Istituto – sono episodiche e incomplete, è impossibile trarne un quadro coerente con le indicazioni (più esaustive) che arrivano dal settore sanitario e che, però, non riportano ovviamente le cause del gesto.
Istat, ovviamente, può aver ragione, ma questa scelta ha congelato il dibattito: quando tra il 2011 e il 2012 si pose il tema, molti commentatori sostennero che l’aumento dei “suicidi economici” era smentito dai numeri disponibili. Era vero, ma era vero pure che i dati erano aggiornati al 2009: la crisi era appena iniziata e, persino chi se la passava male non poteva immaginare che sei anni dopo sarebbe stata ancora qui con noi.
Resta la domanda: la crisi ha fatto aumentare i suicidi? La risposta, come detto, è complessa. Quella più corretta, allo stato, basandosi sui numeri Istat aggiornati al 2013, è la seguente: con ogni probabilità sì. C’è chi è più sicuro su questo argomento: il sociologo Nicola Ferrigni della Link Campus University descrive in un suo studio una cavalcata trionfale di questo tipo di decessi (sarebbero triplicati dal 2012), ma è stato spesso – e non a torto – criticato per l’episodicità e scarsa scientificità delle fonti (in sostanza, giornali e tv).
Una cosa, però, si può dire basandosi su dati ufficiali: i suicidi in Italia, dopo un ventennio di calo, sono tornati ad aumentare proprio in questi anni di crisi. L’Istat – che registra il numero dei suicidi nella sezione “salute e sanità”, sottocategoria “cause di morte” – ne registrava 3.701 nel 2006 e 3.757 nel 2007: l’anno dopo erano 3.906; nel 2009 3.975; nel 2011 4.156; nel 2013 (ultimo anno disponibile) 4.291. Circa 500 suicidi all’anno in più dal 2007 e, soprattutto, un trend preoccupante che andrà verificato sugli anni più recenti (e questo, ovviamente, al netto dei tentativi non riusciti, che l’Istat non riporta).
Certo, si potrebbe pensare che un’epidemia di depressione abbia colto il Paese dopo gli anni allegri di Berlusconi, sia detto senza ironia, e che la crisi non abbia nulla a che fare con l’aumento dei suicidi. Eppure scomponendo i numeri dell’Istat si scopre una cosa che dà da pensare: quasi tutto l’aumento verificatosi dal 2009 al 2013 è imputabile alla fascia d’età che va dai 45 ai 64 anni: il totale dei suicidi in quel quinquennio aumenta di 316 unità, i 45-64enni sono “responsabili” nello stesso lasso di tempo di un aumento di 256 morti auto-inflitte (il resto è “colpa” degli over 65).
Perché si insiste su questo dato? Semplice: è quella la fascia d’età su cui la crisi economica colpisce più duramente e in cui un brutto rovescio del destino lavorativo (licenziamento, fallimento, etc) può sembrare o essere irreversibile. In realtà, rilevare un aumento dei suicidi durante una crisi economica può sembrare – e forse lo è – la scoperta dell’acqua calda, eppure la pervicacia con cui il dato viene negato è sospetta. L’allora presidente Istat, Enrico Giovannini, nel 2012 parlò di “statistica spettacolo”. Poi divenne ministro ed entrò anche lui a far parte dello showbiz.