Avvenire, 13 dicembre 2015
Alibaba si compra un pezzo dell’indipendenza di Hong Kong
Non proprio un tesoro quello che il colosso dell’e-commerce Alibaba si è aggiudicato venerdì, ma sicuramente un colpo imprenditoriale che ha aggiunto al gruppo fondato nel 1999 dall’oggi 51enne Jack Ma, un pezzo della storia e forse dell’indipendenza di Hong Kong. L’acquisto del gruppo editoriale che pubblica il
South China Morning Post – il più antico quotidiano cinese in circolazione e icona da 112 anni di un giornalismo impegnato, allo stesso tempo locale e internazionale, in conformità con i tempi e la sorte di Hong Kong – per la nuova proprietà è parte di un progetto, apertamente espresso, di ridisegnare il volto dei mass media nella Repubblica popolare cinese. Un volto moderno, aperto scelte imprenditoriali ma insieme senza intenzione di critica verso il potere che alla fine ha fornito l’humus su cui anche Ma ha costruito il suo impero con un valore di mercato a fine 2014 vicino a 230 miliardi di dollari. Chiara anche l’intenzione di fare dei mass media lo strumento attraverso cui cancellare quanto di negativo il mondo ancora vede nel sistema cinese. Non a caso, il South China Morning Post – pur se accusato di essere stato in anni recenti più accondiscendente verso Pechino, ha continuato a segnalare gli eccessi dell’ideologia e i suoi risultati sulla vita dei cinesi. Scettico anche verso la morsa che l’associazione di potere imprenditoriale e politico stringe sul grande paese asiatico e che viene sperimentata in misura crescente anche nell’ex colonia britannica.
Sicuramente la situazione del blasonato quotidiano si era fatta difficile. Le copie vendute erano scese del 58 per cento dal 2000 al 2015 arrivando a meno di 22mila copie e nemmeno il quadruplicamento degli abbonamenti online nell’ultimo quinquennio a oltre 8.000 aveva riavviato la pubblicità per contrastare i costi crescenti. In questa contingenza, i 100 milioni di dollari (non ufficializzati) dell’acquisto possono essere visti da varie prospettive, sicuramente non come un salasso per un acquirente che nel 2014 ha guadagnato 12 miliardi di dollari.
Si può parlare di mecenatismo? Non sembrerebbe. La dirigenza di Alibaba ha segnalato con chiarezza che la necessità dell’acquisto è derivata dalla copertura negativa dei media occidentali che finiva con danneggiare l’immagine di Alibaba e le quotazioni delle sue azioni nella Borsa di New York, che venerdì hanno perso il 4,63 per cento.
A confermarlo, il vice-direttore esecutivo Joseph Tsai. Lo stesso che in una recenti intervista aveva dichiarato che «quello che è buono per la Cina è buono per Alibaba».