La Stampa, 13 dicembre 2015
I test anti-alcol per gli insegnanti in Piemonte. Polemiche
Come i chirurghi, i piloti, i responsabili di depositi di fuochi d’artificio, i macchinisti di treni ad alta velocità. Gli insegnanti piemontesi, in base a una recente delibera regionale che ha rinnovato le prescrizioni di un precedente atto del 2012 mai davvero messe in pratica, dovranno sottoporsi a visita medica per individuare l’eventuale dipendenza da alcol. Il medico competente, responsabile della sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, deciderà poi chi dovrà fare (a sorpresa) anche il test alcolimetrico. Della questione si è parlato nei giorni scorsi nelle conferenze di servizio convocate dall’Ufficio scolastico regionale e da allora le scuole – che per «povertà» avevano fin qui ignorato la delibera – hanno un problema in più e, in prospettiva, molti soldi in meno. Già nel 2012 i conti, per una scuola da mille allievi, ammontavano ad almeno 4000 euro l’anno. Per i presidi, uno spreco: individuare e sottoporre a visita medica un dipendente etilista è possibile senza costosi test a tappeto.
Perché il Piemonte si trovi a fronteggiare questo problema, lo riassume Antonietta Di Martino, referente per la sicurezza dell’Usr: «Nel 2006 la Conferenza Stato-Regioni ha stilato l’elenco delle mansioni a rischio e ha inserito gli insegnanti, dal nido alle superiori, in quanto a loro sono affidati gli allievi. L’articolo 41, comma 4 bis del Testo Unico del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ha poi demandato alla Conferenza di definire le modalità dell’accertamento». La maggioranza delle regioni, in attesa di indicazioni, si è fermata. La giunta Cota, invece, aveva interpretato la legge come operativa. «La delibera del 2012 aveva definito le linee di indirizzo – visita annuale per tutti e test ogni tre anni – stabilendo un periodo di osservazione di un anno a cui sarebbe seguito un nuovo provvedimento, arrivato in ottobre».
La nuova delibera alleggerisce un po’ le prescrizioni, ma di fatto le rende operative. «Il medico decide chi sottoporre al test sulla base della visita solo se sospetta alcoldipendenza. L’Usr – aggiunge Antonietta Di Martino – ha chiesto alla Regione di chiarire formalmente la periodicità delle visite, costose. Il vero obiettivo, però, è di arrivare ad eliminare l’insegnamento dall’elenco vista la sproporzione tra rischio e misure da adottare». In questo senso pare si possa ben sperare. «In novembre il ministero della Salute ha inviato un nuovo elenco di attività da sottoporre alla Conferenza unificata: l’insegnamento non c’è». Resta da chiarire quando la Conferenza potrà occuparsi della faccenda.
Intanto, osserva il preside Tommaso De Luca, presidente dell’Asapi, Associazione scuole autonome del Piemonte, «ci sono medici che non accettano l’incarico dalle scuole perché dicono che se non si procede con le visite si è in posizione di illegittimità. Per le scuole di base la spesa è enorme, per tutte è denaro che può essere usato molto meglio». Per Teresa Olivieri, segretaria Cisl Scuola Torino, «se il problema c’è, ci sono già anche i mezzi per affrontarlo. Essere messi tutti sotto accusa con il sospetto è inaccettabile». E Cosimo Scarizi della Cub Scuola ricorda l’unico caso di visite svolte a Torino: «Per renderle economiche erano state fatte in modo inaffidabile. E noi avevamo organizzato un brindisi davanti alla scuola».
I dubbi Per i presidi, tutti concordi, si tratta di uno spreco: «Individuare e sottoporre a visita medica un dipendente etilista è possibile senza costosi test a tappeto».