La Stampa, 13 dicembre 2015
L’Etruria sposta i dipendenti che hanno venduto i titoli spazzatura
Certo che è strano (o forse no, è elementare nella sua chiarezza), ma dal 23 novembre, il giorno dopo il «salva-banche», in Banca Etruria c’è una deportazione in massa di dipendenti, funzionari, direttori, da filiale a filiale. «Un normale avvicendamento necessario per la riorganizzazione», fanno sapere dall’Istituto di credito. Ma i risparmiatori rovinati dai consigli scellerati dei promoter di cui si fidavano e poi dal «salva-banche» la pensano diversamente. «Spostano le persone che conosciamo e che loro hanno usato per farci comprare obbligazioni spazzatura». Certo la tempistica degli spostamenti, il giorno dopo il naufragio dell’arca bancaria con sopra i risparmi di migliaia di persone, è sospetta, come dice Letizia Giorgianni, portavoce delle vittime del «salva-banche», oggi in piazza alla Leopolda (e Renzi potrebbe riceverli). Così quando vai a cercare dipendenti e direttori delle filiali della Banca Etruria per capire cosa sta succedendo ti rispondono che le comunicazioni sono affidate alle relazioni esterne della sede centrale.
Tutti hanno avuto indicazione di non parlare. Ma qualcuno di loro fa fatica a mantenere questa consegna del silenzio. Il peso di quello che è capitato è troppo. E così, alla fine, un direttore, con lunga carriera in una delle filiali della provincia decide di parlare. Uno sfogo più che un’intervista e a condizione che sia protetta la sua identità. Ieri era un giorno di riposo per lui, ma non di tranquillità. «E come faccio a stare tranquillo? Questa vicenda ha rovinato tanta gente e anche noi dipendenti. Oggi tutti ci trattano come dei truffatori di vecchietti».
Offrire titoli ad alto rischio, a chi mette in banca i risparmi di una vita come lo definisce? «Guardi che chi ha delle colpe pagherà e certamente anche tra noi dipendenti ci sarà chi ha avuto delle responsabilità. Perché offrire un’obbligazione subordinata a 10 anni a un anziano di 80 anni non si fa. Ma in tanti casi i dipendenti erano in buona fede. Hanno seguito le istruzioni dei dirigenti del commerciale. Ci veniva detto che dovevamo piazzare questi prodotti che servivano a ricapitalizzare la banca. Molti dipendenti, più di 500 gruppi familiari, sono rimasti fregati anche loro». Lei? «Anche io ho perso il valore delle azioni che avevo comprato e che avevo fatto comprare in famiglia».
Il direttore ha bene in testa la classifica delle responsabilità. «Prima di tutto la Banca d’Italia che nel 2013 richiese l’emissione di subordinate per patrimonializzare la banca. E si sapeva la situazione. Potevano almeno mettere come indicazione quella di rivolgere questo tipo di investimento solo ai mercati istituzionali, escludendo i piccoli risparmiatori».
Secondo responsabile: la politica. «Potevano salvare tutti. C’erano due miliardi pronti nel fondo di tutela depositi interbancario. E il governo doveva insistere con l’Europa sostenendo la verità e cioè che quei soldi non erano aiuti di Stato visto che provenivano da banche private. Potevano farlo e poi magari si andava a un contenzioso con l’Europa come con le quote latte, ma intanto si salvavano tanti risparmiatori incolpevoli». Il padre della ministro Boschi? «Faceva meglio a fare un passo indietro per rispetto della sua figliola quando è stato nominato vice presidente». Lei è d’accordo alla rivalsa sui beni degli amministratori della banca che hanno permesso tutto questo? «Sì certamente, chi ha sbagliato deve pagare. E adesso invece stiamo pagando solo noi dipendenti, trattati come appestati. Stanno facendo passare un messaggio terribile, che per salvare il nostro posto di lavoro abbiamo mandato a fondo tante famiglie che si fidavamo di noi».
Difficile per chi non ha più niente pensare il contrario no? Visto che è palese il conflitto di interesse del dipendente di una banca che desidera che sia solida e ripatrimonializzata ed è anche consulente al risparmio. «Certo lo capisco, ma le assicuro che i dipendenti delle banche oggi sono distrutti e hanno agito in buona fede. Non siamo noi il bersaglio da colpire, adesso, ma chi si copre dietro di noi». Le rifaccio la domanda: eravate pressati dalla sede centrale a vendere queste obbligazioni? «Sì, c’erano riunioni dove ci veniva spiegato il prodotto spingendoci a collocarlo, ovviamente». Adesso la proposta Padoan: «Una soluzione all’italiana, non si riuscirà a rimborsare tutti e verrà fuori una grande confusione».