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 2015  dicembre 13 Domenica calendario

I 100 minuti nell’inferno di Stefano Cucchi cancellati dal verbale

L’inferno per Stefano Cucchi si materializza tra le due e le tre e 40 di mattina del 16 ottobre 2009. È in questo lasso di tempo, 100 minuti, che il giovane subisce secondo gli inquirenti un «violentissimo pestaggio» da parte dei carabinieri. Probabilmente prima alla stazione Casilina, quando si oppone al fotosegnalamento, poi alla stazione Appia, sempre per mano di tre militari, Francesco Tedesco, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.
Sono cinque i tasselli chiave dell’indagine che ha permesso al pm Giovani Musarò e agli agenti della Squadra mobile di ricostruire orari, luoghi e presunti responsabili: tre testimonianze (rese da un compagno di cella di Cucchi e di due carabinieri); la falsificazione di alcuni documenti sull’arresto del 31enne e le intercettazioni dei tre militari accusati del pestaggio.
La prima traccia che porta gli inquirenti sulla strada giusta, il 18 novembre 2014, è il racconto di Luigi Lainà, detenuto con Stefano a Regina Coeli: «Cucchi mi disse che era stato picchiato dai carabinieri nella prima caserma in cui era transitato». Un faro si accende sugli uomini dell’Arma. Ma quali? Cucchi, tra il 15 e il 16 ottobre 2009, ha a che fare con diversi militari. Un passo avanti arriva il 30 giugno 2015, quando due carabinieri di Tor Vergata raccontano al pm tutto quello che sanno: «Mandolini (il comandante della stazione Appia, ndr) fece il nome dell’arrestato, Cucchi, e aggiunse che si stava cercando di scaricare la responsabilità sulla polizia penitenziaria». A luglio, le intercettazioni fanno il resto, con la moglie di uno dei militari sospettati che accusa al telefono: «A picchiarlo vi siete divertiti». L’ultimo “colpo” della procura risale al 16 novembre scorso, neanche un mese fa, quando a piazzale Clodio arrivano i documenti sull’arresto di Stefano. Sul registro dei fotosegnalamenti, un rigo è cancellato maldestramente con il bianchetto: sotto al nome di Misic Zoran si intravede quello di Stefano Cucchi. Una falsificazione deliberata, pensano gli inquirenti, per cancellare del tutto le tracce del passaggio di Cucchi dalla stazione Casilina, dove sarebbe avvenuto il primo pestaggio.
«È una vicenda estremamente grave – afferma il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette – perché è inaccettabile per un carabiniere rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti. Siamo rattristati e commossi, siamo accanto alla magistratura con forza e convinzione nel ricercare la verità. Ma no alla delegittimazione dell’Arma».