Corriere della Sera, 13 dicembre 2015
Come finanziare i culti
In un’intervista a un giornale belga, Nathalie Kosciusko-Morizet, una ex ministra di Nicolas Sarkozy, ha proposto che il governo francese estenda all’Islam di Francia la regolamentazione che esiste oggi in Alsazia-Mosella, una regione concordataria dove preti, pastori e rabbini sono pagati dallo Stato. Il denaro verrebbe raccolto con una tassa sull’alimentazione halal che finanzierebbe anche la formazione degli iman. Vista la situazione dell’estremismo islamico in Francia, mi sembra una interessante e accettabile deroga al principio della laïcité. Lei cosa ne pensa?
Piero Heinze
Bruxelles
Caro Heinze,
Forse non è il momento migliore per ricordarlo, ma tutte le politiche d’integrazione sono costose e richiedono importanti somme di denaro. Per meglio inserire i musulmani nelle società europee occorre tenere conto delle loro esigenze – la casa, la scuola, il luogo del culto – ma anche aiutarli a comprendere i costumi e le tradizioni del Paese in cui hanno deciso di vivere. In Francia, dove soltanto in Alsazia è possibile finanziare gruppi religiosi, è stata creata qualche anno fa una Fondazione per le opere dell’Islam che avrebbe dovuto raccogliere fondi privati per le sue iniziative. Non sembra che abbia dato sinora i risultati sperati, ma è stata rilanciata, dopo gli attentati del 13 novembre, dal ministro degli Interni nel corso di un incontro delle associazioni arabo-musulmane all’Institut du Monde arabe (la grande istituzione culturale voluta da François Mitterrand negli anni della sua presidenza). Bernard Cazeneuve ha presentato il nuovo direttore, Christian Poncet, e ha detto: «L’obiettivo è quello di creare, il più rapidamente possibile, una istituzione in grado di raccogliere, nella trasparenza, finanziamenti privati per sostenere progetti legati all’esercizio del culto – costruzione di moschee o formazione di quadri religiosi – ma anche per favorire la promozione della cultura musulmana».
Non credo che esista una analoga istituzione italiana, ma l’Italia ha uno strumento fiscale – l’8 per mille – che finanzia la Chiesa cattolica, le Assemblee di Dio in Italia, l’Unione delle Chiese metodiste e valdesi, l’Unione delle Chiese cristiane avventiste del Settimo giorno, i Pentecostali, l’Unione delle Comunità ebraiche, la Chiesa evangelica luterana e altri culti. Per concorrere alla ripartizione dell’8 per mille occorre che il beneficiario stipuli con il governo italiano una sorta di Concordato. Ma nell’Islam italiano, malauguratamente, non esiste ancora una associazione che la maggioranza dei musulmani sia disposta a considerare rappresentativa. Il risultato di questa carenza è una evidente anomalia: il Fisco italiano finanzia culti che hanno qualche migliaio di fedeli, ma non può fare alcunché per una comunità composta da un milione e seicentomila persone.