CorrierEconomia, 14 dicembre 2015
La Parmalat si è ripresa
Il biglietto verde riempie le casse di Parmalat e sistema le crepe del bilancio. Il Nord America è il cuore dell’impero del latte, in Canada e Usa la multinazionale di Collecchio realizza la parte più rilevante del fatturato, il 38%, e l’andamento della valuta a stelle e strisce è determinante per i conti.
Quest’anno i ricavi aumenteranno del 10% oltre i 6 miliardi di euro, grazie alle ultime acquisizioni in Brasile, Italia e Australia e con la spinta del superdollaro. Nei primi nove mesi del 2015 i ricavi del Nordamerica hanno superato 1,7 miliardi di euro, con un margine operativo lordo di 152,7 milioni: «Le significative rivalutazioni del dollaro americano e del dollaro canadese nei confronti dell’euro – spiega la multinazionale – hanno comportato un impatto positivo su fatturato e margine operativo lordo, rispettivamente pari a circa 175 milioni di euro e 16,2 milioni di euro. A cambi costanti, il fatturato dell’area sarebbe risultato in calo del 5,3%, con un margine in aumento del 2,3%».
La ragione della contrazione è principalmente nella riduzione dei prezzi medi di vendita conseguente al calo dei costi del latte. In Canada Parmalat è il secondo produttore nei formaggi ed è leader negli snack. Negli Stati Uniti, invece, si è insediata dopo la contestata acquisizione di Lag ed è diventata leader nelle mozzarella da cucina, ricotta e formaggio a crosta bianca e tra i primi nella mozzarella fresca e formaggio snack. La procedura di acquisto infragruppo di Lactalis Usa dalla casa madre controllante Lactalis nel 2012 ha dato origine a un duro contenzioso legale e giudiziario: valutata inizialmente poco più di 950 milioni di dollari, e successivamente scontata per 130 milioni, Lag è passata a Parmalat a colpi di maggioranza e nonostante le proteste dei soci di minoranza e gli interventi della magistratura. Il sospetto era che la transazione fosse solo un modo per trasferire la cassa, il «tesoretto» raccolto dall’ex commissario Enrico Bondi, da Parma alla controllante francese.
Anche nell’ultima assemblea di bilancio il fondo Amber ha criticato l’acquisizione, mentre la presidente di Parmalat Gabriella Chersicla l’ha definita «valida dal punto di vista industriale». I risultati 2014 di Lag, ha spiegato Chersicla, «sono positivi, ha contribuito per 834,7 milioni al fatturato consolidato contro i 744 milioni del 2013, all’utile per 25,9 milioni contro i 29,1 del 2013. Inoltre, ha generato cassa per 38,9 milioni. I numeri indicano uno scostamento negativo nel 2014 rispetto al business plan dell’acquisizione ma dal punto di vista industriale resta un’operazione valida».
Al di la delle contestazioni, nei quattro anni di gestione Lactalis Parmalat è diventata più grande e più internazionale: l’azionista francese ha investito tutta la liquidità in cassa (1,4 miliardi) in acquisizioni spostando l’asse geografico del business prima negli Usa e, poi, sui Paesi emergenti che ora rappresentano il 34% del giro d’affari rispetto al 22% del 2014. Il Brasile, in particolare, da quest’anno si è portato alle spalle di Canada e Australia, davanti a Italia e Stati Uniti.
Parmalat è diventato il secondo gruppo alimentare nazionale, dietro a Ferrero, e ha aumentato i suoi ricavi di 1 miliardo e mezzo, ma nel suo nuovo perimetro globale per l’Italia c’è meno posto. La Penisola rappresenta il 17% del giro d’affari insieme a Russia e Portogallo, mentre quattro anni fa rappresentava il 22% da sola. Lo scorso anno ha riorganizzato la sua presenza italiana chiudendo alcuni stabilimenti; quest’anno, però, ha rilevato le latterie friulane salvandole e ha avanzato una manifestazione di interesse per la Mukki di Firenze.