il Giornale, 14 dicembre 2015
A Varese una mostra celebra i 70 anni della squadra di basket della Ignis
Soffocati da questo basket che nelle sue assemblee di Lega ironizza sulla nobilissima candidatura di Bulgheroni (Toto chi? ha ragliato chi, soltanto per questo, meriterebbe di essere sostituito) considerato il passato che non deve tornare, abbiamo cercato aria diversa a Varese. Nella sala della Camera di Commercio, davanti al campanile storico di piazza Monte Grappa, hanno allestito una mostra per celebrare i settant’anni della Pallacanestro Varese che grazie alla famiglia Borghi, ai Bulgheroni, ha portato gloria fra i giardini di una città che celebra i suoi cestisti come i francesi hanno fatto con grandi artisti. Ogni angolo intitolato a chi ha fatto una storia che, se davvero è il passato, visto come va la squadra oggi, va comunque onorato: 10 scudetti, 7 coppe europee, 4 coppe Italia oltre ai 5 titoli giovanili.Per le antiche scale incontrando i campioni che hanno partecipato a questa epopea, gigantografie che portano al tavolo dei trofei, salutando Dino Meneghin, Bob Morse, Paolo Vittori, accarezzando la pelata di Marino Cappellini il mitico, stringendo mille mani, abbracciando una storia rappresentata nella grande sala da Guido Borghi e proprio Toto Bulgheroni che, tanto per fare chiarezza ha subito fatto sapere che non gli interessa la presidenza di una Lega che lo considera il passato: «Se vogliono dire che mi identifico con un mondo dove la Lega lavorava per il bene comune, hanno ragione loro».Lo sfogo di Bulgheroni, suo figlio Edo era il presidente per lo scudetto della stella nel 1999, unico momento di amara riflessione dopo aver sfogliato le belle fotografie nel librone celebrativo, dopo aver ascoltato Vittori, grande sul campo come giocatore, arrivò a Varese da Milano che si prese Vianello in una saga che ancora oggi divide, eccellente allenatore, con Gavagnin, nell’emergenza di una Intercontinentale vinta sul campo del Real Madrid, Marino Zanatta l’anima grande, Lucarelli il poeta che adesso scrive libri.Un pomeriggio davvero speciale nella baraonda natalizia che ha riempito di bancarelle la piazza dove il pullman dei campioni vittoriosi tornava accolto da tantissima gente, anche di notte. Varese, la città che nell’impero Borghi, organizzò il famoso treno gialloblu per quasi 8000 tifosi che affollarono il palazzone romano dell’Eur in quello spareggio, uno dei tanti, contro Milano vinto sul campo e perso a tavolino per aver utilizzato l’oriundo Tony Gennari.Aldo Ossola appare e scompare come faceva da Von Karajan sul campo, guardando con nostalgia le foto della storia, dai tempi della Storm a quelli di Raga, del professor Nikolic, di Sandro Gamba che ereditò da lui la creatura portata al primo scudetto, proprio battendo il Simmenthal nel 1961 alla palestra dei pompieri, da Rico Garbosi, fatta fiorire dall’entusiasmo di Nico Messina che plasmò il primo Dino Meneghin. Ieri i campioni del passato hanno firmato per i tifosi il libro ricordo e a legare tutto c’era Andrea Meneghin, il talento meno celebrato per colpa anche sua, come ammette oggi. Andrea, Pozzecco e la squadra di Carlo Recalcati per l’ultimo titolo, prima che tutto cambiasse. Un pomeriggio diverso, nel passato, certo, ma cara gente del basket di oggi, quella Varese ha spalancato finestre che hanno fatto davvero la storia e potrebbero farlo ancora se questa stagione dovesse finire senza sbattere nella lotta per la salvezza.