Libero, 14 dicembre 2015
La candidata con i tacchi a spillo. Intervista a Francesca Balzani
Scusi la domanda esplicita. Lei spera di vincere le primarie con Sala?
(Risata solare) «Allora: primo, non mi sono ancora candidata, anche se è molto è probabile che sciolga la riserva tra breve...».
Secondo?
«Beh, per ora non c’è un solo candidato, ma due».
Sala e Majorino, giusto. Perché pensa che ne serva un altro?
«Le faccio notare un paradosso. Sala ha un’esperienza tecnica, ma è totalmente privo di esperienza politica. È come se uno per iniziare a giocare a calcio volesse partire dall’Inter o dal Milan».
E Majorino?
«Beh, Majorino ha tutta una vita di esperienza politica, ma non mi risulti che abbia fatto altro. Nessuna esperienza tecnica».
Ma allora potrei dire che Sala ha gestito i miliardi di Expo: esperienza unica.
(Altra risata, tono divertito). «No, guardi, in fatto di bilanci, immodestamente, credo che nessuno possa competere con me, tantomeno Sala».
Cos’è, un accesso di megalomania?
«(Ride di gusto) No, semplice constatazione».
Ma in che senso?
«Su questo terreno credo di aver fissato un primato ineguagliabile, eh eh...».
Quale?
«Da relatrice unica ho firmato il bilancio dell’intera commissione europea: stiamo parlando di 152 miliardi di euro, negoziati con 27 paesi, con circa un anno di gestazione».
Difficile?
«So che ho finito alle quattro del mattino, e ho dovuto sostenere una conferenza stampa in cui bisognava rispondere in italiano, francese e inglese».
Ha dato le risposte giuste?
«Di quello che ho detto e come, non so più nulla: quand’è finita volevo dormire mille anni. Ah ah ah...».
Ed ecco Francesca Balzani. Fino a un mese fa fuori di Milano il grande pubblico ignorava la sua esistenza. Ora mezza Italia si chiede se questa donna riuscirà in una nuova impresa clamorosa, all’ombra del Duomo, ripetendo l’exploit che cinque anni fa riuscì al suo maestro Giuliano Pisapia. La storia è nota: il sindaco ha annunciato a sorpresa che non correrà, Matteo Renzi ha impiegato un mese per convincere il supercommissario Giuseppe Sala (uomo nominato dal centrodestra) che poteva facilmente passare dai successi di Expo alla maglia del centrosinistra, e alla fascia tricolore meneghina. Invece – proprio dopo il battesimo da Fazio – è arrivata lei. Guastafeste che manda in fumo una vittoria annunciata, irriducibile come i galli di Asterix. Vicesindaco fino a ieri lontana da riflettori e telecamere, oggi invitata in tutti i talk show. Senza averle mai parlato mi figuravo una signora seriosa, morigerata e austera. Immaginavo una Bindi, e invece ho scoperto una donna alla Miranda Kerr del “Diavolo veste Prada” con due vite alle spalle: una da tributarista e una da globetrotter. Riesco a intercettarla dopo due ore passate – in sostituzione di Pisapia – prima tra i ciechi e poi tra gli alpini: mi stupisce per il ritmo accelerato, l’eloquio torrentizio, il gusto per la battuta, e un sorriso che si accende di continuo.
Ma perché si candida?
(Allarga le mani) «E perché no? Penso che potrei essere un buon sindaco per questa città, voglio provare a dare continuità a un’esperienza positiva, quella della giunta Pisapia».
Sa che la dipingono come una sorta di suora laica?
«Ecco, adesso io mi arrabbio. Se lei guarda le mie scarpe...».
Blu vernice?
«Guardi meglio!».
Tacchi alti?
«Ecco, bravo: tutta la mia vita io li passo su questi tacchi, sempre altisssimi».
Addirittura...
«Anche le pantofole con i tacchi, giuro».
Ma perché?
(Risata) «Che ne so? Sono una dona in jeans e tacchi alti, ho un marito che mi sopporta eroicamente, tre figli, di cui una – poverina – mi ha seguito nei primi mesi di vita tra Italia, Belgio, Francia, Germania...».
Ma faceva l’europarlamentare o il commesso viaggiatore?
«Essere relatrice di un bilancio europeo vuol dire discuterlo in quasi tutti i paesi. È stato un anno devastante».
Parlavamo di Majorino. È stata ingiusta, con lui: è anche uno scrittore.
«Sì, sì, lo so. Mi ha regalato il suo libro, l’ho letto, ma... confesso: non ne ricordo più la trama».
Non si è fatta un amico.
«No, voglio dire, le dovrei spiegare che io ho un rapporto particolare, onnivoro con la lettura».
Addirittura?
«Oh sì: per esempio ho appena finito, e trovato meraviglioso “Il cardellino” di Donna Tartt».
Ma trova anche il tempo di leggere?
«Quasi tutte le sere. E in tutti i tempi morti, con quel miracolo della tecnologia che è il Kindle».
Il classico che le ha cambiato la vita?
«“La coscienza di Zeno” di Italo Svevo. Se lo ricorda?».
Una lettura del liceo: il romanzo della psicanalisi e della mitteleuropa vista dall’Italia.
«Io invece ne ho tratto questa lezione: diamo importanza eccessiva a dettagli. Siamo ostaggio di cose inessenziali. Si può essere felici comunque!».
Mi dica ancora di questo rapporto con la tavoletta Kindle...
«Fantastico: per me è la sintesi di due sogni proibiti. Il primo: poter leggere qualsiasi cosa quando voglio. Prendo la bacchetta magica e – zac! – sono dentro “Delitto e Castigo”».
E il secondo?
«Non c’è più tuo marito che dice: “Spegni la luce!”. Le pare poco? Sei lì nel tuo bozzolo di felicità. E parti per ovunque a qualsiasi ora».
Notti insonni?
«Veramente non prendo nemmeno una camomilla e mi addormento stecchita, eeehh... Mio marito dice: “Devi avere un interruttore” per dormire».
Cerchiamo su Kindle il romanzo su Sala sindaco.
«Non è stato ancora scritto».
Lei si sente alla sua destra o alla sua sinistra?
«Più a destra di Sala mi pare arduo, ah ah ah...».
Noto che lei si sente più esperta di lui, ammetta.
«Ho la fortuna di avere una esperienza lunga e in qualche modo unica: la politica non è così semplice, sa?».
Mi spieghi come ha fatto a diventare eurodeputata…
«Sottomettendomi alla durissima legge delle preferenze, eh eh eh...».
Ne ha prese 40mila?
«Quarantacinquemila, prego!».
Aveva pianificato tutto con una micidiale macchina organizzativa?
«Macché! Ero assessore in regione. Il 2 di aprile arriva il segretario del Pd, Victor Rasetto: “Ti candidi?”. A giugno si è votato».
Lei si dipinge come una Forrest Gump ma raccoglie voti come Totò Cuffaro.
«Guardi, è la verità: è stato molto bello, ho scoperto che gli elettori vogliono veramente capire chi votano. Ho ricevuto un’incredibile quantità di lettere. Chi sei, che farai?».
L’apparato quanto l’ha aiutata?
«Non ero il candidato sostenuto dal partito».
Si considera una buona oratrice? «Non lo so se lo sono. Ma… evidentemente non sono un pizza, eh eh eh...».
E questa storia della suorina laica di Pisapia?
«Non ne posso più di vedermi descritta come una monaca. Cosa gli è venuto in mente a quelli de Il Foglio? Dev’essere il taglio di capelli alla maschietto e il conformismo ha fatto il resto».
Però mangia poco, il suo fisico lo rivela.
«Purtroppo maggio solo quando sono a casa con i bambini».
Agata, 5 anni, era la bimba europendolare.
«Già! Poi ci sono Milo, di 8, e Teo, il nostro primo figlio. L’ho avuto a 40anni. Mi sono sposata nel 2003 a 37».
Vuole suggerire che si sente un po’ tardona?
«Io e Francesco siamo insieme dal 1995!».
Vi siete conosciuti in un posto romantico, nello studio Ukmar…
(Ride) «Sì, è tributarista come me, confesso!».
Cos’ha incontrato di importante nella sua prima vita, oltre a Francesco?
«Seriamente? Lo studio del diritto è una grande scuola. Rigore mentale, leggere le cose e studiarle nel cavillo. Non lavorare su riassunti fatto da altri. Il senso delle regole».
La cosa più divertente?
«Zero. Ho passato dieci anni della mia vita sui bilanci».
Lei è una secchiona? È finita nella classifica dei primi dieci parlamentari europei…
«A Strasbrurgo ho fatto un anno massacrante, ho visto cose che voi umani ehhhh...».
Tipo?
«La guerra delle banane! Le basta?».
Quindi la negoziazione contro l’accordo protezionista che sbarrava la strada alle banane sudamericane?
«Sì. Bisognava trovate dei correttivi per i paesi ex coloniali che vivevano dell’economia delle banane».
È stata arpionata dai lobbisti?
«Sarà colpa dei capelli corti. Non ho subito pressioni».
Forse leggevano anche loro il Foglio.
«Lei scherza, ma in quella guerra ho imparato la cosa fondamentale della politica: la sintesi cruciale tra scegliere le cose e costruire il consenso per realizzarle».
Il suo primo voto a chi l’ha dato?
«Oddìo, era un secolo fa, chi si ricorda?»
Si sente come “Sex Pisapia and the city?
«Per carità. Amanda piuttosto, la cattiva del “Diavolo veste Prada”».