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 2015  dicembre 14 Lunedì calendario

Il Front National non conquista neppure una regione • Renzi sulle banche: «Chi strumentalizza la morte delle persone mi fa schifo» • Stasi in cella chiede di spegnere la tv: «Non voglio sapere cosa dicono di me» • Cuffaro torna in Sicilia dopo quasi cinque anni di galera per aver aiutato i mafiosi • È morto il fotografo Mario Dondero

 

Front National Il fronte comune tra i socialisti di Hollande e i Républicains di Sarkozy ha funzionato. Il Front National, che al primo turno delle amministrative in Francia era risultato il primo partito in sei regioni su 13, ha perso ovunque. La leader della destra staccata di oltre 15 punti nel Nord Pas de Calais-Picardie. I francesi ieri sono andati in massa alle urne (sfiorato il 60%). Sette regioni sono state conquistate dai Republicains, cinque dai socialisti. Gelo e silenzio nella roccaforte del Front National a Henin-Beaumont alla lettura delle proiezioni del voto. Dopo qualche minuto, davanti al risultato della sconfitta di Marine Le Pen nel Nord-Pas-de-Calais, applauso di consolazione scandendo il nome "Ma-ri-ne, Ma-ri-ne", e fischi e urla di fronte al discorso del vincitore Xavier Bertrand. La sconfitta è stata pesante per la presidente del Front National, ma è col sorriso che ha definito «irresponsabili» i suoi avversari per i trucchi che hanno ordito alle sue spalle, stringendo alleanze innaturali. Ha aggiunto che «il regime è comunque in agonia». Il suo partito ha raccolto i sei milioni di voti di una settimana fa, più alcune centinaia di migliaia, che confermano il suo primato nella società politica nazionale. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Banche 1 Matteo Renzi alla Leopolda, parlando della polemica sulle banche che coinvolge anche il suo ministro Maria Elena Boschi, ha detto: «Chi pensa di strumentalizzare la morte delle persone mi fa schifo. Le polemiche politiche si fanno a viso aperto». Il riferimento è al caso del pensionato Luigino D’Angelo che si è tolto la vita dopo aver perso tutti i risparmi investiti in boind ad alto rischio in seguito al decreto salva-banche. Poi la difesa della Boschi: «Chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo». In ogni caso, continua il capo del governo, «non abbiamo scheletri nell’armadio, e diciamo sì alla commissione di inchiesta sulla vicenda». E comunque «quel decreto lo rifarei domattina», perché senza il decreto «avremmo un milione di conti correnti chiusi e avremmo 7mila licenziati. Non prendiamoci in giro, la verità è più forte delle chiacchiere». Poi «chi ha truffato sarà individuato, e chi ha sbagliato pagherà. Non ci sono mai stati intoccabili». Quindi, il colpo a sorpresa: Renzi affronta la vicenda del padre. «Quindici mesi fa il mio babbo è stato indagato e gli è crollato il mondo addosso. La procura ha chiesto l’archiviazione del suo caso, ma lui passerà il suo secondo Natale da indagato. Io gli ho detto “zitto e aspetta”. Ma lui mi dice che dovremmo passare al contrattacco, io, però, non dirò mezza parola, perché ho fiducia nella giustizia» (Meli, Cds).

Banche 2 Maria Elena Boschi sul padre Pier Luigi: «La cosa che mi fa più male è che babbo era stato chiamato a fare il vicepresidente di Banca Etruria per dare una mano, perché ritenuto persona capace e affidabile. Ha accettato con spirito di servizio e ha tentato di recuperare le cose. Ma ormai era tardi. Ed è stato lì otto mesi scarsi...». Nessun favoritismo, continua a ripetere la ministra ai collaboratori. Che assicura di sentirsi «tranquillissima», certa che il «conflitto di interessi abnorme» denunciato da Roberto Saviano sia solo nella testa dello scrittore. «Un attacco frontale, una pura cattiveria che non credo di meritare», avrebbe confidato via sms agli amici (Guerzoni, Cds).

Stasi Quand’è arrivato, sabato, nel carcere di Bollate, ai tre detenuti con cui condivide la cella, un italiano e due montenegrini, ha chiesto un unico favore: «Vorrei non guardare in televisione i programmi che parlano di me. Non voglio vederne nessuno. Si può?». Loro hanno capito, hanno evitato qualunque notizia o trasmissione sul caso Garlasco (Fasano e Lio, Cds).

Cuffaro Dopo quasi cinque anni in prigione per per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, ieri l’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro è tornato nella sua casa palermitana fra le palme di Villa Sperlinga. Con trenta chili in meno rispetto a quando entrò in cella, Cuffaro continua a contestare la colpevolezza, con qualche tiepida ammissione: «Credo di aver combattuto a favore della legalità, ma di certo ho commesso errori. Sono andato a sbattere contro la mafia, oggi userei almeno l’airbag per evitare conseguenze, ma non penso di averla favorita con la mia volontà». E senza volontà? «Probabilmente sì. Forse la condanna giusta era quella di primo grado, favoreggiamento senza l’aggravante mafiosa; poi è è arrivata la seconda, con una pena più alta rispetto ai condannati per concorso esterno. Ma ormai è passata, non voglio parlarne più». Fuori dal carcere di Rebibbia, l’ex governatore della Sicilia spiega che «la politica mi ha dato tantissimo, stare sempre in mezzo alla gente mi ha arricchito sebbene sia uno dei motivi che mi ha portato in carcere». Nella politica di oggi non c’è più spazio per lui: «Non mi appartiene, ha perso umanità, ormai forse ce n’è di più in carcere. Senza ideali la politica diventa sterile, la politica di oggi è cattiva. Anch’io ho fatto errori, intendiamoci, ma li ho pagati; altri invece no, e non si capisce perché» (Bianconi, Cds).

Dondero Dopo una lunga malattia è morto ieri a 87 anni Mario Dondero, figura storica della fotografia italiana. Nato a Milano nel 1928 ma di origini genovesi (di qui la sua appassionata fede per il Genoa), entra a 16 anni, nelle brigate partigiane della Val D’Ossola: «Diventare partigiano era la scelta più naturale che un cittadino onesto dovesse fare». Tra le sue foto più celebri, quella del gruppo degli scrittori del Nouveau roman scattata a Parigi nell’ottobre del 1959 davanti alla sede delle Editions de Minuit (Nathalie Sarraute, Samuel Beckett, Alain Robbe-Grillet, Claude Mauriac, Claude Simon, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Claude Ollier). Impegnato politicamente e civilmente, si era mosso anche sui fronti di guerra, a Kabul, in Africa (Marocco e Algeria), aveva fotografato anche la Sorbona occupata dagli studenti. Fra i tanti reportage anche uno sui nuovi italiani, stranieri che avevano trovato fortuna e integrazione nel nostro paese, dal medico, all’insegnante di danza, dall’artigiano, alla studentessa. Da anni viveva a Fermo, nelle Marche, regione di cui si era innamorato, prima insieme alla moglie francese, morta qualche anno fa e sepolta in Italia, poi circondato dall’affetto di tanti amici. Lascia due figli grandi che vivono all’estero.

(a cura di Roberta Mercuri)