Il Sole 24 Ore, 14 dicembre 2015
Che cos’è il bail-in?
Che cos’è il «bail-in»?
Il bail-in (letteralmente: salvataggio interno) è uno strumento che consente alle «autorità di risoluzione» di disporre la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato. Azionisti e creditori non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure ordinarie.
Che cosa significa «risoluzione»?
Sottoporre una banca a «risoluzione» significa avviare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l’utilizzo di tecniche e poteri disposti dalla direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. L’alternativa alla risoluzione è la liquidazione.
Quando una banca può essere sottoposta a risoluzione?
Le autorità di risoluzione possono sottoporre una banca a risoluzione se:
– la banca è in dissesto o a rischio di dissesto (ad esempio, quando, a causa di perdite, l’intermediario ha azzerato o ridotto in modo significativo il proprio capitale);
– non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell’intermediario;
– sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti e di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali.
Come funziona il bail-in?
In una fase di dissesto, a seguito di perdite, il valore delle attività di una banca si riduce e il capitale è azzerato. Nella fase di risoluzione, l’autorità dispone il bail-in che permette di ricostituire il capitale attraverso la conversione di parte delle passività ammissibili in azioni. Il bail-in quindi consente alla banca di continuare a operare e a offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività; dato che le risorse finanziarie per la stabilizzazione provengono da azionisti e creditori, non comporta costi per lo Stato e i contribuenti.
Che cosa rischiano i risparmiatori in caso di bail-in? E i depositanti?
Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. L’ordine di priorità per il bail in è dunque il seguente:
1) gli azionisti;
2) i detentori di altri titoli di capitale;
3) gli altri creditori subordinati;
4) i creditori chirografari;
5) le persone fisiche e le Pmi titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro;
6) il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti.
I depositi fino a 100mila euro sono esclusi dal bail-in.
Perché alcune misure sono state già applicate alle quattro banche in sofferenza?
In Italia la completa applicazione del bail-in è prevista solo a partire dal 2016. Tuttavia, la svalutazione o la conversione delle azioni e dei crediti subordinati, se è necessaria per evitare un dissesto, è già applicabile da quest’anno. Del resto, già gli orientamenti sull’applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato adottati dalla Commissione nel 2013 prevedevano la necessità di coinvolgere gli azionisti e i creditori subordinati prima di un eventuale supporto pubblico, attraverso la svalutazione o la conversione dei crediti in azioni.
(fonte: Banca d’Italia)