La Stampa, 14 dicembre 2015
Elogio di Mandzukic, l’uomo che ogni volta che centra la porta fa vincere la Juve
Sarà perché il fisico non gli manca o perché è un attaccante di esperienza ma Mario Mandzukic sa come prendersi lo spazio, come tenersi la scena, a dispetto dei movimenti sgraziati e dei momenti di pausa. Sa come guadagnarsi il posto. Soprattutto come lasciare il segno.
Mezzo stadio che invoca l’ingresso di Morata, lo spagnolo già pronto a entrare, Mario che non sembra in serata super e invece segna il gol più importante del campionato. Quello che riporta la Juve ufficialmente in zona scudetto, quello che cancella l’inizio stagione zoppicante, quello che di fatto batte la Fiorentina e apre lo spazio per il terzo gol di Dybala. Mandzukic era pronto a uscire tra lo scetticismo generale invece esce con lo Stadium in piedi. Ormai idolo.
Il talismano croato
È il quarto gol in sei partite, il settimo in stagione, ogni volta che centra la porta, la Juve vince: statistiche pesanti per un rendimento solo apparentemente ondivago perché alla fine porta sempre punti. Lui è così, non è sempre bello da vedere, non è sempre facile da tifare ma sa farsi ricordare. Decide e per questo è diventato punto di riferimento in mezzo ai cambi costanti di Allegri. La Juventus è la squadra che ha vinto più partite in rimonta in questo campionato, ben tre (tutte per 3-1) e il carattere è il suo. Tosto, difficile da gestire, impossibile da accantonare.
Non teme la critica
Mandzukic non teme le critiche, le regge benissimo, è abituato a lottare per il posto, gli è capitato spesso e in contesti importanti, comprese Liga e Bundesliga. Non si scompone, non si eclissa, magari si indispettisce però non cede metri, pressa la concorrenza. Ieri ha pure segnato la rete più importante della serata davanti a Kalinic che gli contende il posto nella nazionale croata. Premio extra per l’attitudine, per la capacità di imporre il suo stile da centravanti retrò. Ecco, Mandzukic è un po’ vintage, si fa largo senza colpi di classe puri, fa valere la statura imponente, confonde, insiste: non costante però cinico, abile. Ci mette quel pizzico di cattiveria che alla Juve mancava e non è un caso che sia proprio lui a colmare la distanza tra la squadra stentata in cerca di definizione, che ha esordito in questa Serie A, e il gruppo determinato che oggi sta soltanto a due punti dalla Champions League e a sei dal primato. Non è l’unico nome sulla rinascita eppure ne è la definizione. Lui ha restituito sicurezza: negli schemi bianconeri fa il guerriero.
Un’intesa che cresce
Mandzukic non ha solo segnato, ha corso, impegnato gli avversari, e l’intesa con Dybala cresce. Ormai la coppia d’attacco è collaudata, di certo è quella più affidabile. E non sembra un impatto a breve termine. Per stare lì, nella casella certezze, Mario ha fatto quello che gli riesce meglio: si è imposto. Senza saper dribblare nello stretto, senza magie, senza incantare a prima vista, senza pose accattivanti dopo i gol. C’è un motivo per cui segnato tanto in Germania, in Spagna e ora fa lo stesso in Italia. Attaccante old fashion, con le curve non è mai amore a prima vista, non gli importa: lui sa bene come diventare indispensabile.