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 2015  dicembre 14 Lunedì calendario

«La Consob ha sempre meno poteri». Intervista a Giuseppe Vegas, presidente dell’istituto

È una domenica di lavoro quella di Giuseppe Vegas. La vicenda delle obbligazioni subordinate, un prodotto finanziario, finito nei conti di risparmiatori poco avveduti o, peggio, tenuti all’oscuro da impiegati di banca e promotori finanziari, appare come ben più di uno dei tanti scandali finanziari. Nel mirino ci sono le autorità che dovevano vigilare sul settore, compresa la Consob, l’istituto presieduto da Vegas posto a presidio della trasparenza dei mercati finanziari e della tutela degli investitori. Normalmente, come tutte le autorità, agisce attraverso gli atti. Come quello che già nel dicembre 2014 e poi nel luglio di quest’anno aveva anticipato di fatto il recepimento della direttiva europea che lanciava l’allarme sulle famigerate obbligazioni subordinate invitando a non farle sottoscrivere se non a investitori specializzati. Ma è un fatto che di quelle obbligazioni subordinate (quelle la cui riscossione è subordinata appunto al pagamento precedente di altri debiti da parte dell’istituto di credito) in giro ce ne sono 61 miliardi e di queste circa 35 sono nelle mani della clientela retail, vale a dire singoli risparmiatori. E questa volta Vegas non si tira indietro: «Dire che non abbiamo vigilato è non solo una falsità ma anche un’offesa all’istituto e a quanti in questi anni hanno lavorato per rendere il mercato italiano più trasparente». 
Questa volta c’è di mezzo un suicidio… 
«Non posso che essere vicino alla famiglia del pensionato di Civitavecchia per gli eventi tragici che ha dovuto subire. Eventi che colpiscono duramente, ma pensare di risolvere tutto con processi di piazza su questioni peraltro complesse e tecniche è un errore. Anzi, mi sarei aspettato che il governo ci consultasse… Serve un’analisi in sede tecnica». 
Il governo non vi ha chiamato né consultato? 
«Guardi, normalmente in casi del genere ci si aspetta che le autorità di vigilanza e gli organismi tecnici vengano chiamati ad affrontare queste situazioni in maniera coordinata...». 
Ma voi avete provato a contattare il governo? 
«Certo. Finora, però, la valutazione coordinata non c’è stata. In occasione del recepimento da parte del governo della nuove procedure europee di salvataggio delle banche, la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive ndr), nel provvedimento è stato eliminato il potere di Consob di fare domande sui vari salvataggi, privando il mercato delle informazioni necessarie». 
E allora che cosa ci state a fare? 
«Appunto: senza fare domande e soprattutto senza ottenere risposte pubbliche come si fa a rendere un mercato trasparente? Senza trasparenza non c’è stabilità. Anche il Parlamento ha chiesto di rimediare. Del resto la direttiva è stata recepita solo al novantesimo minuto, dando poco tempo al sistema di adattarsi». 
Ma il governo vi ha tenuto fuori anche dall’arbitraggio per risarcire gli eventuali truffati… 
«È così. E senza trasparenza, quando accadono fatti come quelli relativi a queste 4 banche, il rischio è che si metta in dubbio l’intero sistema». 
Ma voi avete vigilato o no? È questa la domanda alla quale dovete rispondere. 
«Abbiamo addirittura anticipato le regole europee. A fine 2014 – unici e primi in Europa – abbiamo diramato una comunicazione sul fatto che ci dovesse essere piena trasparenza quando si vendevano prodotti complessi ai risparmiatori (e tra questi anche le obbligazioni subordinate). A luglio del 2015 abbiamo raccomandato di non vendere al retail, ai risparmiatori singoli, prodotti complessi». 
Ma ormai nel luglio 2015 il danno era già stato fatto... 
«Ma scusi, se una banca è commissariata da circa 900 giorni come la CariFe, o 768 Banca Marche, o da 443 come la CariChieti o 285 come la Etruria, non viene il dubbio che forse qualcosa non va? E tenga conto che quando una banca è commissariata si entra in una sorta di black out informativo. Si crea quel chiacchiericcio attorno alle banche, si fa prevalere la paura. Come adesso: stiamo parlando dell’1% del sistema bancario e sembra che tutte gli istituti siano a rischio». 
Ammetterà che la paura è lecita. Tutti dicono che le regole ci sono ma se nessuno le fa rispettare chi ci va di mezzo siamo noi. 
«Dal 2007 a oggi in base alla direttiva Mifid (quella che crea un mercato unico finanziario europeo e pone le basi per la tutela di investitori e risparmiatori ndr) abbiamo fatto 965 interventi di vigilanza. Abbiamo passato al setaccio l’85% del sistema dell’intermediazione finanziaria in Italia, anche con verifiche ispettive e sanzioni. Sulle 4 banche fino al commissariamento non c’erano segnali di allarme. Negli ultimi cinque anni abbiamo ricevuto pochi esposti e comunque non rilevanti per il tema delle subordinate. Nei prospetti informativi delle obbligazioni subordinate c’è scritto sulla prima pagina e in grassetto che si possono subire perdite in conto capitale». 
Ma lo capiscono tutti quello che c’è scritto nei prospetti a volte anche di centinaia di pagine? 
«Magari non tutti, ma chi vende sì». 
Ha ragione allora il commissario Ue Jonathan Hill a dire che forse sono stati venduti prodotti inadatti. 
«Su questo abbiamo in corso verifiche...». 
Per questo la Banca d’Italia chiede di vietare la vendita delle obbligazioni subordinate al retail… 
«Condivido la prudenza. Per primi abbiamo lanciato l’allarme. Si può ragionare in sede tecnica su un divieto. Ma il problema è dire chiaro che cosa e a chi si sta vendendo. Del resto, ci sono anche altri prodotti ancora più rischiosi». 
Allora diamo la colpa a quei poveretti che si sono comprati quei titoli… Come sempre. 
«No, davvero. Per questo abbiamo in corso accertamenti per verificare le condotte scorrette. Bisogna comunque tener conto del contesto nel quale i titoli sono stati collocati. Stiamo parlando di cose complicate. Per questo dico che risolverle in piazza non è facile. La metà di quelle obbligazioni è stata comprata prima del 2007, prima dello scandalo Lehman e della crisi finanziaria. Occorre valutare caso per caso».