Corriere della Sera, 14 dicembre 2015
Nel fortino del Front National, tra gli elettori sconfitti e increduli
Hénin-Beaumont Alle 20 in punto, quando i due schermi giganti montati nella palestra di Hénin-Beaumont mostrano una carta della Francia rosso-blu, senza il nero del Front National, i militanti restano senza parole. Non ci possono credere. Tra mezz’ora Marine Le Pen li rincuorerà e spiegherà perché il Front National ha vinto anche se ha perso, ma intanto loro hanno l’aria smarrita. Al primo turno erano in testa in sei regioni, adesso si sentono presi in giro. «Ma siamo il primo partito di Francia...», protesta per prima una signora. Poi sullo schermo appare Xavier Bertrand, il vincitore di destra grazie anche ai voti della sinistra, e tutti si mettono a gridare in coro un liberatorio «abbasso, abbasso!», tra smorfie e gesti dell’ombrello.
Oltre sei milioni di voti in tutta la Francia non servono a conquistare una presidenza di regione, neppure una, neanche qui nel Nord-Pas de Calais-Picardie dove la leader Marine Le Pen era arrivata in testa al primo turno con oltre il 40%. «Stavolta ci credevo – dice in prima fila la signora Jeannette Chevalier —. È una vergogna, si sono messi d’accordo alle spalle del popolo, come sempre. A Calais dove c’è il campo dei migranti avevamo preso il 50%, pensavo che Marine sarebbe riuscita a difenderci dall’invasione. Mi dispiace per quella povera gente, ma ho il diritto di preferire la mia Francia di una volta». Accanto c’è sua nipote forse appena maggiorenne che annuisce con in mano un tricolore, le chiediamo qual è la Francia di una volta che lei è troppo giovane per avere conosciuto, «quella di noi francesi, dove il nostro modo di vita non era messo in discussione, e il lavoro toccava prima a noi».
La leader del partito arriva sul palco – sorridente come sempre – accolta da un coro di «Marine! Marine!» che è affetto vero. Tra il primo e il secondo turno il premier Valls ha definito il Front National «una truffa», ha parlato del rischio di guerra civile, e la drammatizzazione dello scontro ha funzionato, la maggioranza dei francesi ha votato per gli avversari del FN. Ma dentro questa palestra, e in tutta la Francia che non crede più né al Partito socialista di Hollande né ai Républicains di Sarkozy, quelle frasi hanno rafforzato il sentimento di essere un mondo a parte, il mondo disprezzato dai «parigini» e dai giornalisti che qui si accalcano e sbandano paurosamente e quasi travolgono il buffet con la Coca-Cola e le tartine pur di strappare una parola in più alla loro adorata Marine, «guardateli, sembrano dei pecoroni, e tanto poi ne parleranno male come sempre, che schifo».
Marine Le Pen è davvero la loro Giovanna d’Arco, l’unica che non li disprezza e li fa sentire delle brave persone, non egoisti o razzisti ma semplicemente contenti e fieri di quel che sono, francesi. Pronuncia parole a metà strada tra il politichese – è pur sempre una leader con ambizioni presidenziali – e la retorica di tutti i partiti populisti del mondo. «Un ringraziamento fraterno a tutti i militanti patrioti – esordisce —, che hanno permesso di conquistare dei grandi successi. Nel Nord e nel Sud, che erano i suoi bastioni, abbiamo sradicato un partito socialista nefasto. Triplicando il numero dei consiglieri regionali, saremo la principale forza di opposizione». Poi Marine Le Pen porta l’affondo preferito, quello del «sono tutti uguali»: «Le desistenze qui al Nord e al Sud hanno portato alla luce i legami occulti di coloro che fanno finta di essere avversari». Il finale è dedicato alla nuova campagna che comincia da subito, quella per le Presidenziali della primavera 2017: «Siamo entrati in un nuovo bipartitismo, perché la distinzione tra destra e sinistra non esiste più. Da una parte ci sono loro, i mondialisti. E dall’altra ci siamo noi, i patrioti. Vi chiedo di unirvi a noi nella nostra lotta per la Francia eterna». La delusione è grande, ma nella depressa Hénin-Beaumont, più vicina al Belgio che a Parigi, molti credono che la Storia sia comunque dalla loro parte.