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 2015  dicembre 13 Domenica calendario

L’accordo sul clima

«Guardo la sala, vedo che la reazione è positiva, non sento obiezioni... L’accordo di Parigi per il clima è accettato», dice Laurent Fabius poco prima delle 20, nell’ovazione dell’assemblea plenaria, battendo un colpo con lo stesso martello di legno con il quale aveva aperto i lavori 11 giorni fa. «È un piccolo martello ma può fare grandi cose», aggiunge sorridendo il presidente della Cop21 e ministro degli Esteri francese, che al mattino aveva presentato – visibilmente commosso – il testo da approvare.
Si tratta di un accordo senza precedenti, che segna un grande successo diplomatico della Francia, il Paese che ha ospitato a Parigi la 21esima conferenza Onu sul clima nonostante gli attacchi terroristici di un mese fa, e che nell’ultimo anno ha intensificato gli sforzi affinché non si ripetesse il disastroso nulla di fatto di Copenaghen 2009. L’approvazione per consensus, senza votazione formale, si è svolta in un’atmosfera talmente entusiasta che Fabius non si è accorto del no del Nicaragua, che ad accordo ormai accettato ha insistito perché venissero messe agli atti le sue perplessità.
Il patto entrerà in vigore a partire del 2020, e prevede che il riscaldamento climatico venga contenuto «ben al di sotto dei 2 gradi centigradi» rispetto all’era preindustriale, con sforzi perché «non superi la soglia di 1,5°».
«È un accordo storico, niente sarà più come prima. I 195 Paesi imboccano la strada irreversibile di un’economia sostenibile, è una specie di piano industriale del Pianeta per i prossimi 85 anni – dice il ministro dell’Ambiente italiano Gian Luca Galletti —. L’Italia si è battuta come e più degli alleati europei perché venisse citato l’obiettivo di 1,5° e ci siamo riusciti. È il cuore dell’accordo, perché se rispetteremo quella soglia tutti i Paesi del mondo si salveranno».
L’accordo – giuridicamente vincolante, ha sottolineato Fabius – prevede che nella seconda metà del secolo si arrivi al traguardo di «zero emissioni nette», cioè che i gas a effetto serra emessi siano non superiori a quelli assorbiti da foreste e oceani. Ogni cinque anni verrà controllata l’applicazione degli impegni presi, in modo differenziato tra i Paesi del Nord (responsabili della gran parte del riscaldamento climatico) e Paesi del Sud (che temono di frenare troppo il loro sviluppo). Le resistenze dell’India e degli altri Paesi emergenti sono state superate grazie anche a finanziamenti pari ad almeno 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020.
Le organizzazioni ambientaliste riconoscono l’importanza di un’intesa che pone le basi del passaggio dalle energie fossili (carbone, gas, petrolio) a quelle pulite, ma ci sono comunque punti discutibili, riassunti dallo stesso Nicolas Hulot inviato speciale del presidente Hollande: il taglio delle emissioni sarà volontario, la prima revisione è prevista solo nel 2025, manca il riferimento a una carbon tax, e i termini del passaggio alle energie rinnovabili sono vaghi. Nel complesso, comunque, un buon accordo.