La Stampa, 12 dicembre 2015
L’unico potere che si sottopone a elezioni regolari in Italia è la mafia
C’è ancora un potere che si sottopone a elezioni regolari, in Italia. La mafia. Le intercettazioni dei carabinieri hanno rivelato che nei mesi scorsi la cosca palermitana dal nome democristianissimo di Santa Maria di Gesù è andata alle urne per votare il nuovo Padrino. Esaurita la Seconda Repubblica bipolare di Totò Riina e Provenzano, si è tornati alla Prima anche lì. Non sono mancati gli slogan («Quando parliamo di Cosa Nostra, parliamo di Cosa Nostra») né i dibattiti, svolti per lo più in una barberia infestata di «cimici» che hanno registrato le discussioni tra i favorevoli al voto palese e i fautori di quello segreto, e la preoccupazione di tutti i candidati per il proliferare dei «franchi tiratori»: un’espressione che, trattandosi di picciotti, poteva venire presa alla lettera da qualcuno. Ma alla fine la riforma elettorale (il Mafiosum?) è passata senza colpo ferire e si è votato per alzata di mano. Hanno prevalso Giuseppe Greco e il suo vice, Salvatore Profeta. Gli sconfitti hanno accettato il verdetto baciando i vincitori. E tutti insieme, per festeggiare, hanno organizzato subito un omicidio, che ha portato sei di loro a essere arrestati ieri.
Al di là delle note di colore, la restaurazione inesorabile della vecchia mafia di Buscetta ci ricorda che non è così vera la celebre massima del Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». In Italia basta avere un po’ di pazienza e poi tutto ritorna com’era senza neanche il fastidio di doverlo cambiare.