Corriere della Sera, 12 dicembre 2015
La sentenza sulla condanna ad Alberto Stasi arriverà oggi
Il colpo di scena che non ti aspetti ha la voce del procuratore generale mentre dice «non credo che con le ipotesi di possano fare i processi penali», ha le facce incredule degli avvocati mentre lui parla di «travisamento degli elementi processuali». In aula cala un silenzio irreale. E il procuratore, che di nome fa Oscar Cedrangolo, rincara la dose a ogni frase un po’ di più. Quando finisce di parlare lo smarrimento è tale che il presidente della Corte gli chiede: «Scusi, non ho capito. Quindi lei sta chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio. Giusto?». Giusto. Il procuratore generale, rappresentante della pubblica accusa, smonta pezzo per pezzo la sentenza di condanna del processo d’appello bis contro Alberto Stasi e chiede che venga annullata rimandando tutto di nuovo indietro per un terzo processo in Corte d’appello. Una mossa che nessuno aveva minimamente messo in conto, che spariglia tutte le carte e che i giudici – a notte fonda ancora riuniti in camera di consiglio – non possono non prendere in considerazione.
Cassazione, ieri mattina. Si discute del caso Garlasco, cioè della sorte di Alberto Stasi, da sempre unico sott’accusa per il delitto di Chiara Poggi, uccisa a 26 anni nella sua villetta di Garlasco, appunto, il 13 agosto del 2007. I giudici della Corte Suprema devono stabilire se accogliere o no il ricorso di Alberto che si dice da sempre innocente e che vorrebbe vedere annullata la sentenza di condanna di un anno fa: 16 anni per aver ucciso Chiara, all’epoca sua fidanzata.
Dopo le assoluzioni in primo e in secondo grado la Cassazione ha deciso ad aprile di due anni fa di rimandare indietro il processo in Corte d’appello, a Milano. E alla fine di quel processo il procuratore milanese Laura Barbaini ha ottenuto la condanna ai 16 anni. Troppo pochi, secondo lei che ne aveva chiesti 30 e che ha fatto ricorso in Cassazione proprio per modificare la cifra da 16 a 30. Quindi ieri era il giorno per decidere anche questo. E il procuratore generale Cedrangolo ha sbalordito tutti una seconda volta: ha chiesto di accogliere anche il ricorso della collega Barbaini. Perché – ha spiegato in sostanza – se Alberto è innocente dev’essere assolto ma se fosse colpevole la pena sarebbe quella dei 30 anni.
«Io ho compreso e ho anche apprezzato lo scrupolo che ha indotto questa Corte al precedente annullamento» ha argomentato il pg nella sua requisitoria. «La Corte non se l’è sentita di dire la parola fine su una vicenda così sofferta e tormentata, ha risposto all’urlo di dolore della famiglia di Chiara. Ora chiedo a voi di esercitare lo stesso diritto allo scrupolo» ha spiegato proponendo di rinviare tutto in appello, perché «non ho la presunzione di ritenere insussistente la possibilità di ulteriori contributi». Tutto questo dopo aver criticato la Corte d’appello che ha condannato Stasi credendo che il suo compito fosse «cercare gli indizi a carico» e passando così «da un accertato innocente a un presunto colpevole». Dopo aver descritto una sentenza che «si industria a costruire un movente», dopo aver parlato di «dati non certi», di «logica non usata», di «accertamenti che non si sono dimostrati affidabili» e di «inaccettabile alterazione delle risultanze processuali». E a proposito del fatto che la condanna a 16 anni non ha tenuto conto dell’aggravante della crudeltà ha parlato di «buonismo» che avrebbe consentito «il solito inaccettabile sistema di un colpo al cerchio uno alla botte».
«Davvero sorprendente» sono le sole parole che Gian Luigi Tizzoni, avvocato della famiglia Poggi, riesce a dire quando l’udienza si chiude e i giudici entrano in camera di consiglio, alle otto di sera. Il suo collega Francesco Compagna va un po’ oltre: «Non siamo qua a rappresentare nessun grido di dolore ma la convinzione granitica che la verità sia emersa».
L’avvocato Angelo Giarda e suo figlio Fabio, difensori di Alberto, escono dal palazzo della Cassazione sorridenti: «Noi lo diciamo da sempre che Alberto è innocente. Il procuratore generale non ha fatto altro che leggere le carte». Le stesse carte che da otto anni e mezzo ciascuno legge in modo sempre diverso. Nelle prossime ore sapremo come saranno state interpretate stavolta.